Prose

Aletheia

Avvertivo, come una fitta dolorosa, l’incompletezza del tutto. L’essenza mi sfuggiva. Il senso del mio essere nel mondo si negava. Vivere era vivere a caso. Puro scorrere di ore e di giorni, di tempo, senza direzione né scopo. Sapere di esistere non basta, bisogna sapere anche perché si esiste. La vita mi appariva come un mulinello d’acqua nel mare e io come una bolla in attesa di sparire.
Mi misi in testa l’assurda idea di capire, di scoprire, di conoscere. Fu come un’illuminazione dettata dalla necessità di sopravvivere. Un bisogno atroce per non morire. Cercare la verità. Doveva pur esserci una verità. Non potevo che ostinatamente inseguirla. Redimere l’esistenza dalla sua materica insensatezza, salvare il grigio trapassare dei giorni, liberare il tempo dalla sua stessa condanna, sottrarre la vita dal caos e dal nulla.
Essere in vita non poteva significare soltanto materia pensante in decomponimento, falsa evoluzione, apparente movimento, cieca necessità, ottusa biologia. Il segreto doveva esserci. Dietro le multiformi narcotiche apparenze delle sembianze doveva esserci una legge, un ordine, un principio. L’essere non era in ciò che si mostrava ma in ciò che si lasciava comprendere. Bisognava oltrepassare. Occorreva trovare il varco e il pezzo mancante del puzzle noumenico. Ciò che si squadernava era un’immagine a cui mancava il centro. Tutto si manifestava ordinatamente alla rifusa, non si intravedeva un punto d’unione salvifico. Accadeva soltanto un ferreo determinismo delle forme materiche. E io c’ero dentro. Ero una di esse.
Una tensione logorante, come una malattia dello spirito, s’era impossessata dell’animo: trovare la verità. Ossessivamente. Come chi cerca un antidoto. Come chi non vuole rassegnarsi. Lottare vanamente, interrogare strenuamente, cercare disperatamente. Cercare, cercare, cercare. Dov’era? Dove?
Forse sarebbe semplicemente apparsa, la verità. Si sarebbe disvelata, emergendo da un abisso sepolta. Come una sorta di visione mistica, ella si sarebbe mostrata. Bisognava predisporsi. Andarle verso. Invocarla come stigmate. Anelarla fino allo sfinimento. Sputare l’anima inquinata. E respirarla di nuovo, pura.
Iniziai a muovermi.

Questo scritto è stato pubblicato per la prima volta su Kairos 3 | 2018.