Allora siamo tornati a casa

Quella sera eravamo andati, Marco ed io, a far visita ai Giorgi; solo che, quando siamo arrivati, loro erano morti. Allora siamo tornati a casa. Non ci eravamo organizzati per la cena – ci avevano invitati per cena, prima di morire – e così abbiamo ordinato due pizze. Mentre aspettavamo la pizza chiacchieravamo fitto, un giorno sei amico di qualcuno tanto che ti invita a casa sua e qualche giorno dopo, la sera dell’invito, è morto, c’è di che riflettere, ci dicevamo. E poi loro erano cinque, ho fatto notare io, uno, beh, anziano, due di mezza età e due giovanissimi; che diamine, che morissero tutti non me l’aspettavo, e Marco mi dava ragione. Più tardi, mentre mangiavamo la pizza unta con le mani dai cartoni, non pareva esserci più granché da dire. Non ne avremmo mai più parlato, credo, se, la mattina successiva, la polizia non fosse venuta a casa nostra. Sapevano che eravamo stati lì, la sera prima, e chiedevano perché non li avevamo avvisati di tutti quei morti. Beh, prima di tutto era ora di cena: gliel’ho detto, a quel poliziotto, ma lui non mi è sembrato contento. Valli a capire, questi fanno un lavoro davvero duro, mi sono detta, per farli contenti si potrebbe offrir loro una merenda, ma non avevo nulla di pronto; così ho cominciato a pensare alla torta Cameo, le buste erano là sullo scaffale da chissà quanto, ma erano certamente ancora buone, quelle buste ci mettono un sacco a scadere, e lo yogurt ce lo avevo, e a prepararla, la torta Cameo, ci vuole davvero poco, e dopo non è nemmeno vero che, in frigo, ci deve stare due ore come c’è scritto, bastano una quarantina di minuti. Allora ho fatto per alzarmi, e quando il poliziotto ha obiettato gli ho spiegato – giuro, gliel’ho detto subito – perché lo stavo facendo, che volevo preparare il dolce e non andarmene, ma allora quello è stato proprio antipaticissimo e, per di più, maleducato; continuava a chiedermi come fosse possibile che non capissi che, per la torta Cameo, non era proprio il momento, pareva anzi che non lo chiedesse a me, ma al soffitto, dato che non mi lasciava rispondere, ripeteva soltanto la domanda, alzando sempre di più la voce, e per poco non mi dava della cretina. Guardi, le dico, lavoro duro o meno, quel poliziotto ha proprio delle pessime maniere, è questa la verità. E insomma mi ha trattenuta là per più di tre ore – sa quante torte Cameo mi ci sarebbero entrate, in quel tempo! – e, secondo me, lo ha fatto per dispetto. Perché mica ci siamo detti niente di importante! Ha soltanto voluto sapere un sacco di fatti dei Giorgi, e com’è che siamo loro amici da anni e via discorrendo; ma questo che cosa c’entrava, col fatto che erano tutti morti? Non sono riuscita a capirlo, e poi sempre quei modi, tra il sospettoso e, mi scusi eh, l’incazzato; mentre io sono stata tanto gentile, mi creda, ma proprio tanto; pure la torta Cameo, gli avrei fatto! A ripensarci adesso, non se la meritava. E poi alla fine se n’è andato, sì, ma assieme all’altro poliziotto si è portato via Marco; così, senza dirmi nulla, le dico! Neanche Marco ha detto nulla, è stato strano, ora che ci penso; teneva la testa bassa, si guardava le punte dei piedi, e se ne stava zitto. Però è anche vero che Marco è un bel caratterino, io lo so bene; voglio dire, siamo sposati da quindici anni, e ce ne sono state di giornate in cui non c’è stato verso di fargli dire una parola. Per me non è stato mica facile, sa; no, no, per niente, è vero che a me piace chiacchierare ma se l’altro non fa che fare “sì sì” con la testa e non mi risponde, non aggiunge niente, non racconta mai qualcosa, io mi annoio a morte, sa? E non sa quante volte siamo andati in vacanza coi Giorgi, l’estate, ma lui in realtà non ci aveva voglia, di venirci, e io non capivo perché avesse insistito tanto, per partire, se poi doveva essere così scorbutico, con loro, e non sedersi a tavola con noi, e glielo domandavo, perché insistevi, e allora il suo umore peggiorava ancora, sembrava che non potessi chiedergli niente, eppure sono sua moglie, no? Invece con la Luisa, la moglie del Giorgi – di Giovanni, voglio dire – era sempre allegro, e l’aiutava a preparare il pranzo e la cena, e a volte, la sera tardi, si fermava a bere con lei un bicchiere di vino quando noialtri già ci stavamo preparando per andare a dormire. Con lei, mi pareva che la voglia di chiacchierare gli tornasse, e allora mi arrabbiavo io, altroché, mi dica lei se le sembra giusto, che con la moglie uno tenga il muso fisso, a giornate intere, e al massimo faccia “sì sì” con la testa, e poi con un’altra donna, per di più la moglie di un amico, tiri tardi la sera sfoderando di quelle filippiche; non so come la Luisa non si stufasse, e non se ne scappasse prima. È sempre stata così educata e quieta, la Luisa; non l’ho mai sentita dire una parola di troppo, o alzare la voce. Quando poi si tornava, da queste vacanze, per qualche giorno l’umore di Marco era ancora più nero, poi, pian piano, si rasserenava. E dopo un po’ mi domandava, tutto allegro, ma quand’è che invitiamo a cena i Giorgi; io, in realtà, non ne avevo questa gran voglia, ma lui pareva rallegrarsene tanto alla sola idea che lo assecondavo, e allora ricominciavamo a vederci, con loro. Venivano, e poi andavamo noi da loro, e così via; a queste cene, dei Giorgi, a me pareva che l’unico ad aver voglia di parlare fosse Luciano, il nonno; la Luisa e Giovanni, per lo più, si guardavano in cagnesco e, a noi, rivolgevano dei sorrisi forzati, poco convinti. In ogni modo, e anche se non ho mai capito perché, Marco ci teneva, a queste cene coi Giorgi; così come teneva alle vacanze assieme a loro. Ma ora ho perso il filo… il punto… il punto di ciò che le dicevo è che lui, Marco, non è una persona facile. Tuttavia io me lo tengo, lo sopporto, sì, proprio così; in ragione del bene che gli voglio. E lui, beh, se crede che mi sia riconoscente, si sbaglia di grosso! Anzi, a volte ha avuto perfino il coraggio di dirmi che lui non mi sopporta, no, non mi sopporta più; lui a me, capisce? Qualche volta se n’è perfino uscito che, un giorno l’altro, lo farò diventare matto. Proprio così, matto: mi dica lei se le sembra giusto! «Un giorno mi farai fare qualche pazzia!», così mi ha detto, qualche sera prima di quella cena dai Giorgi che, poi, non abbiamo mai mangiato. Ma le pare? Io sono una persona semplice, e queste stravaganze, questi rimuginii, questi suoi… guizzi, non li ho mica mai capiti, sa? In ogni modo, dato che qui c’è gente che ha fretta – signora, un po’ di pazienza non fa mai male, nella vita, eh, io glielo dico, poi faccia lei – adesso gliele pago, queste zucchine. Bene… bene… molto bene. Buonasera, e grazie, caro Giorgio. Due chiacchiere con un amico sono un toccasana. Provi anche lei, signora: magari le fanno bene.