Dalla filosofia del boudoir a Pornhub 4.0: Annette di Marco Malvestio
Annette, opera prima di Marco Malvestio, pubblicata per i tipi di Wojtek edizioni nel giugno di quest’anno, è un romanzo singolare, difficilmente classificabile nei perimetri di genere che sono ibridati e oltrepassati attraverso un’alchimia sperimentalistica originale e spuria. Il libro difatti oscilla fluido tra spazi narrativi molteplici e dissimili: la pseudo biografia, la saggistica, l’invenzione tout court.
Si narra dell’ossessione, o per meglio dire della compulsione, del protagonista per la pornografia e, particolarmente, dell’amore totalizzante di questo per una attrice suprema dell’hardcore: Annette Schwarz. Il giovane approccia come fruitore al porno online nel 2006, anno di fondazione di Youporn e simila, e intraprende un immersivo percorso di formazione, sessuale e esistenziale, compreso l’incontro decisivo con il “soggetto-oggetto” della propria passione: la pornostar Annette, di cui conosce l’intera filmografia, conserva immagini e gif, raccoglie testimonianze e interviste, in un crescendo feticista e monomaniacale. L’io narrante innalza un monumento mentale e ideale ad Annette, di cui ammira la libertà espressiva e la furia vitalistica (consustanziata nelle performances più estreme sui set porno), tanto da finire per squalificare la realtà vissuta a favore di quella immaginata, in un progressivo isolamento del corpo e delle pulsioni.
Il libro è costruito in quattro movimenti: la prima, tra il diario e il saggio di genere, appare quasi un pretesto per introdurre le seguenti due parti, in cui è preponderante la figura di Annette, della quale si traccia una biografia, a partire da materiali documentali, di pura invenzione narrativa, sul modello di Limonov di Carrere per intenderci. Infine, l’ultima parte è una ripresa, a chiudere il cerchio, dell’incipit, dove viene ridata voce e spazio al protagonista, di cui il lettore avrebbe voluto senz’altro sapere di più. Nonostante la voce narrante rivendichi a più riprese la veridicità degli eventi narrati, il romanzo galleggia in una terra di nessuno, tra pseudo storia e artificio, quasi che la necessità di avvalorarne il realismo dovesse dar forza alla finzione letteraria. La sessualità, nelle sue propaggini più radicali, è il punto di vista privilegiato per l’osservazione-comprensione della condizione umana, carcere e supplizio, anelito alla libertà e abiezione autodistruttiva.
Al di là dei facili stimoli alla prurigine del lettore (con la descrizione minuziosa di intere scene di film hardcore della famigerata Annette), che comunque viene messo alla prova rispetto ai propri parametri mentali e ai meandri oscuri e rimossi dei propri desideri, la forza del libro risiede anche nei temi a cui inevitabilmente rimanda: l’avvento poderoso della Rete nella prassi sessuale, il solipsismo compulsivo e la solitudine disperata della soggettività contemporanea, la pervasività capitalistica nella colonizzazione dei desideri.
Annette, ad esempio, che viene presentata dall’autore come un’eroina liberata e liberatrice dalle pastoie moralistiche e ipocrite della bigotta cultura borghese, in realtà è ridotta a pura funzione di merce dall’industria del porno, particolarmente nel suo soggiorno lavorativo negli Stati Uniti, in cui le vengono richieste prestazioni da catena di montaggio, che agli oggetti ha sostituito le copule. Per vendere il prodotto, il risultato deve essere sempre più eclatante e innovativo. Il consumatore di porno e l’attrice porno sono due poli antitetici dello stesso segmento: enti passivi di un sistema di produzione che li gestisce e li manipola. È l’industria capitalistica della pornografia, florido business planetario, che impone cosa desiderare e come. Le nuove generazioni si formano su un immaginario dato, prestabilito, imposto: lo spazio della fantasia individuale è azzerato mentre si accoglie inconsapevolmente quello dell’immaginazione codificata dal sistema imperante.
Il co-protagonista del romanzo (la voce narrante) è stilizzato in una figura di inetto contemporaneo, declinato con la grammatica delle alienazioni del nostro tempo: l’incomunicabilità familiare, la precarietà lavorativa, la marginalità provinciale, l’aridità emotiva e sentimentale, la monotonia di vita propria della serialità della società di massa. I momenti maggiormente illuminanti stanno nella consapevolezza, talvolta enunciata in passaggi autoriflessivi, di una tale angosciosa condizione di sconfitta irrimediabile.
Annette ci offre, direttamente e per rimando, squarci desolanti sullo Zeitgeist, di cui ci permette di interpretare le pulsioni di morte e l’intima essenza di disperazione, in tal senso è un romanzo nichilistico poiché oltre alla consunzione compulsiva e inarrestabile (configurata nell’atto masturbatorio, simbolico di una solitudine assoluta) sembra non ammettere altro.
Se Sade utilizzava le pulsioni e le pratiche sessuali più estreme per scardinare strutture intellettuali rancide, moralismi retrivi e reazionari, in direzione di una “illuministica” libertà e autodeterminazione, Malvestio, come scrive lui stesso, è orfano (come tutti noi) di un orizzonte di senso, di una filosofia che giustifichi il mondo; per cui oltre l’atto non resta altro, in bilico tra una tensione all’annientamento e una deriva senza scopo.