salvatore toscano
Prose

Breve divagazione sul nulla

Impossibile scrivere del nulla senza imbattersi nel suo opposto.
Il rischio che qualcosa intervenga a corrompere l’incontaminata uniformità del nulla è sempre in agguato.
Si potrebbe tacere forse. Ma tacere non ha niente a che fare con il nulla: tacere significa omettere qualcosa, industriarsi a sottrarre qualcosa al dominio dell’esistente, eludendo così la responsabilità di allestire un palcoscenico per ospitare l’inesistente.
Il testo che state leggendo è per l’appunto un palcoscenico sulle cui tavole il nulla viene convocato per esibirsi, calcare le scene e magari concedere un bis.
La presente breve divagazione sul nulla va immaginata come una di quelle edicole votive in cui sono alloggiate statue di santi e madonne. Un’edicola destinata a rimanere sgombra, una concavità che fa mostra solo di sé stessa, una porzione di spazio deformata quel tanto che basta per alludere a un’assenza.
Il nulla però è spesso causa di fraintendimenti.
Per esempio non va confuso con il vuoto, la noia, l’attesa, il deserto o una banale amnesia. Queste sono più che altro metafore, approssimazioni, quote di realtà che vivono con l’assillo di conquistare un titolo che non meritano. Al massimo intercapedini tra il mondo dell’esistente e il mondo dell’inesistente.
Sfruttando un’idea di Magritte si potrebbe ipotizzare un quadro bianco, una tela immacolata con in basso la frase Ceci n’est pas le néant.
Il nulla è forse troppo stupido per esistere?
No, semmai è vero il contrario: il nulla è così scaltro da non permettere alle lusinghe dell’esistenza di irretirlo. Il nulla sa che l’inesistenza è la scelta vincente.
Ma qui si scade nel volgare nichilismo. Tra tutti i qualcosa il nichilismo è forse l’arnese più detestabile perché sentenzia con arroganza la nullità del tutto confondendo il nulla con l’inutile.
L’inutile è qualcosa che fallisce un obiettivo mentre si affanna a esistere. Il nulla è l’inesistenza che si manifesta con successo.
Il nulla non è nemmeno un’astrazione. Quella che chiamate astrazione è una specie di creatura ad alto tasso di evanescenza che però non riesce ad assurgere alla purezza cristallina dell’autentica nullità.
Ma allora com’è possibile fare esperienza del nulla?
Solo in modo involontario: incappando nelle microscopiche anse, nei fiordi, nelle gibbosità che increspano il tessuto del reale.
Quando qualcosa inavvertitamente vi cade di mano: in quel mucchietto di centesimi di secondo tra la perdita della presa e l’impatto dell’oggetto con il suolo, il nulla avvolto nella consueta guaina dell’invisibilità urla la propria presenza.
Quando va via la corrente da un istante all’altro.
Quando una musica finisce di colpo.
Quando smette di piovere tutto d’un tratto.
In qualche modo il nulla sembra alleato della sorpresa, dell’evento inatteso, della vertigine di stupore.
È quasi superfluo a questo punto sottolineare che anche il silenzio non va confuso con il nulla, pur precisando che un silenzio improvviso rappresenta proprio uno dei varchi prediletti attraverso i quali il nulla ama dardeggiare sugli esseri umani.
Il testo finisce qui ‒ si sperava nel supporto di una testimonianza fotografica ma il nulla non si lascia mai immortalare ‒ va quindi declassato a semplice didascalia per una foto impossibile.