Da qui e fin qui

Nessun senso alla serenità di questi giorni
che nulla hanno da offrire
se non un cielo color Venezia
che mi scivola dentro:
sono ora pieno ed omogeneo
come le statue,
non posso oppormi.

Anche voi siete entrati in me,
ordinati e cadenzati,
per fregiarmi
quando volevo solo essere macellato.

Non c’è nulla per voi qui.
Nessuna virtù nell’accumulare presenze.

Io vivo nel turbinio opalino,
nella pace laconica di chi non comunica e non contempla nulla.
Sono terra
sono cenere
e ho labbra di melagrana per cantare
la salmodia del disfacimento.

Tornerei volentieri nella placenta eburnea di mia madre,
nella tribolazione che accompagna ogni nuova vita,
barbaglio di Dio,
nelle stelle che crepitano
durante la transustanziazione da spirito a carne,
al centro del mio Universo immobile
in cui non si muore e si vive nella parzialità
col capo canuto e gli occhi modiglianeschi. 

Mi hai detto che porto magia nei luoghi che infesto
e mai affermazione mi è sembrata più vera.