Diverso
Mi sento un verme quando vedo i fiori passare di mano da una donna a un uomo, è uno schiaffo che mi cava dalla gola annodata tristi ricordi. E di che viviamo veramente se non di ricordi? Come quando in bagno spazzolando i denti mi vedo allo specchio, vedo allo specchio la faccia arrossire come magma, la furia ruggisce dai visceri, gocce di sudore grondano dalle dita, il cuore mi scoppia nei timpani.
Ma chi ci capirebbe? Se pure facessimo vibrare la voce, e non si dica che non lo abbiamo fatto; dico: ripuliremmo le loro bocche meschine, i loro cerebri intasati di merda?
Gli occhi. Se c’è una cosa di questi anni vili che mi porterò sono i loro occhi. Ferali, vitrei, accecati dal terrore. La più pietosa scena non li intenerisce, non li distoglie dall’istinto bruto di salvarsi. Ma di che cosa, venga giù il cielo, hanno paura? Muovono le braccia, tentacoli fuori controllo, guizzano come anguille, parlano parole prive di ragione. E hanno occhi – mi si stringe il cuore: hanno occhi fissi, duri, rovesciati a guardare solo il tetro dentro loro. Violenza. Senza contatto, sangue. Violenza materiata di silenzi, occhiate oblique, gesti impazienti. Odio intollerante, odio e intolleranza esibiti senza pudore.
Corri via. Potessi. Spesso le palpebre mi calano per la stanchezza. Mi abbandono, nella desolazione senza fondo, aspetto che passi, aspetto che passino. Porto le cuffie per non udire, così a lungo che sento male alle orecchie. Ed è bello quando poso la nuca sul cuscino. Incontro persone, ma il più non ricordo, è un avvolgimento innocuo e nel mezzo mi giro sul fianco. Mi perdo mi disciolgo.
Non ho scritto quel sonetto che avrei voluto scrivere, penso; per vegliare la mia vita da artigiano, sillaba per sillaba, fonema per fonema, ma intanto che lo penso ricordo quella sera di un marzo otto anni addietro, quando in Via Marconi davanti al gommista fumai una Pall Mall e per trentasei ore mi annusai i polpastrelli odorosi di tabacco.
Mi doleva lo sterno un anno fa ma era ipocondria. Stamattina ho sfilato sui marciapiedi, tra piccoli agglomerati di persone mascherate e persone mascherate appostate in solitudine. Una notte soffrii un attacco di panico ma la vera apocalisse è la post-apocalisse. Strati di plastica raddoppiati e repressione gridata contro schermi, dentro telefoni, ovunque.
Non si cambiano, non ci cambino. Nei pressi della casa di Marzia c’era un sole luminoso e un cielo largo. Ho preso il volo, ho volato sopra i tetti, lieve.