Germania, Germania! di Felipe Polleri: Recensione del libro

“In fin dei conti, non è colpa mia se sono nato con un’immaginazione così… disgustosa. […] Sì. La mia immaginazione è un mostro ripugnante, lo ammetto, e il mio lavoro consiste essenzialmente in questo: entrare nella sua gabbia e raccogliere i suoi escrementi con questi fogli (e firmarli come se li avessi scritto io stesso).”

Che cosa hanno in comune “memoria Pio XII”, “la gloriosa memoria Sir Winston Churchill” e “la cara memoria dottor Prinzhorn” a cui è dedicato il libro? L’unica cosa che rende più umano un pontefice, il primo ministro di una potenza coloniale in declino e uno psichiatra: la follia. Sì, perché se non fossero stati un po’ matti nella loro vita per cosa li avremmo ricordati oggi? Il clemente Pio, per quieto vivere, scese a patti con i nazi-fascisti; Churchill fu l’unico in Europa che volle resistere a Hitler quando il Reich sembrava invincibile; Hans Prizhorn mise i colori in mano ai suoi pazienti e li trasformò in Maestri (rimando alla lettura di Bildnerei der Geisteskranken). Tutti e tre sono vissuti in tempi violenti, circondati dalla sofferenza, e cercarono nella follia una protezione, una scintilla vitale o l’ispirazione per allontanare lo spettro della morte.
E i nostri tempi? Il presente è meno violento perché l’Olocausto è una cosa del passato? Quante tragedie si consumano ogni giorno a nostra insaputa in posti che non conosciamo o che pretendiamo di conoscere bene solo perché ci hanno spiegato le loro funzioni? Come l’ala di un penitenziario, una cella in istituto d’igiene mentale o la sala operatoria nel reparto maternità. Uno scrittore che vuole provocare deve porsi queste domande e per porle ai propri lettori deve diventare altro e talvolta schierarsi con il nemico per distruggere altri nemici perché come vuole la legge di Pasteur «tutti sono cattivi, ma soprattutto i buoni». Allora bisogna essere conniventi come quel Papa per strappare un migliaio di vite dallo sterminio totale, si ha bisogno di essere caparbi come quel Lord razzista anche se quella stessa caparbietà farà morire di fame milioni dei tuoi sudditi e con il freddo distacco di uno scienziato bisogna togliere la libertà ad alcuni uomini per salvarli da sé stessi.
Dunque, il rimedio contro la violenza è la follia? No. Polleri ci dice che follia uccide quanto la violenza perché è “il luogo dove si perdono definitivamente la fede, la speranza e la carità. E spesso anche la memoria.” La memoria serve a ricordarci che tutti siamo stati altri e tutti siamo altri. Siamo come la “Grande Lumaca Nera” che si porta dietro “una storia antica e maligna.” Senza memoria i “marziani” possono diventare come i “Krak” che volevano annientarli. La smemoratezza è ciò che affligge Christopher, un agente segreto che opera in difesa dei deboli e dei diversi. Ma è stato lui a uccidere i marziani e la sua famiglia? È lui il “Fantasma di Marte” a cui la polizia dà la caccia? Non riesce a ricordarselo. Il secondo elemento è l’immaginazione, quella che permette al Parsifal basso e paralitico di camminare con due bastoni sopra le teste di tutti e di scrivere su “l’infinita perversità degli esseri umani, o dei loro doppi o impostori o replicanti o androidi.” Infine c’è l’euforia, quella tolta ad Antoine, aspirante scrittore in lotta contro la censura per vedere il suo vero libro pubblicato, che può essere così umiliato per il diletto del Potere.
Germania, Germania! è un libro allucinatorio, senza trama né continuità, che trascina il lettore per i meandri oscuri della mente umana. I personaggi descritti da Polleri sono estremi, violenti, costretti a perdersi nei loro stessi monologhi. Pagina dopo pagina la nostra compassione per questi sventurati si tramuta in disgusto e viceversa. L’alternanza delle voci narranti ci confonde. Chi sta parlando? Dov’è finito l’autore? Che ruolo abbiamo noi come lettori? Ma soprattutto, come si legge questo libro? Sono tutte domande che ci perseguitano dal primo all’ultimo capitolo e a cui ognuno deve trovare la propria risposta. Polleri ha inteso i suoi libri non come opere letterarie ma piuttosto “libretti d’istruzioni” che “sono fatti per essere fraintesi: sono macchine infernali, sadiche e folli […] che pretendono di spiegare come “assemblare” un aeroplanino o una centrale nucleare o uno Stato parlamentare, monarchico, eccetera, eccetera”. La sua scrittura frammentata, nervosa e dissacrante sfida il nostro senso comune e colloca Polleri fra gli scrittori più stravaganti in cui ci si possa imbattere.