Il labirinto del Leo

Il grigio del cielo sopra il Giambellino era così simile a quello dei capelli di Leo, ma lui si svegliò raggiante. Buongiorno Leo, gli disse Dafne, ha dormito bene? Sì, fece lui, oggi è il mio compleanno, certo che sì. Quante candeline nella torta?, gli disse Dafne. Ma non lo dico mica a te, rispose, è un segreto, e poi te sei del Milan, ai casciavìt i segreti non si raccontano. Ma non mi dica che rosica ancora per il derby, rispose Dafne. Leo tacque e poi, sorridendo timidamente, ma con orgoglio: ci pensa mio fratello Gianni alla torta e alla candelina, gli ho già detto che deve comprarne solo una, così nessuno saprà quanti anni ho. Va bene, disse Dafne, ora prenda questo – gli porse un bicchiere d’acqua dove si stava sciogliendo una pastiglia effervescente – poi la aspetto giù per la colazione. Oggi non ho molta fame, disse Leo, mangio solo se hai preparato la sbrisolona, la tua non si batte, mamma. L’hai preparata? Altrimenti non vado a scuola. Non ho potuto Leo, ieri ho lavorato, ma ti prometto che giù troverai tante cose altrettanto buone, non puoi digiunare per il tuo compleanno. E se fai il bravo oggi puoi saltare la scuola. Va bene, disse Leo, vado a fare la pipì e scendo, tu però sveglia pure il Gianni, che quello è un dormiglione, mi ha detto che dopo la scuola va a prendermi la bici, l’ha fatta aggiustare e ritinteggiare, nerazzurra, doveva essere una sorpresa ma a me non piacciono le sorprese, io i miei regali voglio saperli, così se non mi piacciono gli altri non spendono i dané. Bravo Leo, è un bel pensiero, gli disse Dafne, ci vediamo giù.
Ah, la mia sbrisolona, disse Leo addentando una fetta biscottata col burro d’arachidi. Sei fissato con questa sbrisolona, gli disse il Carlo, che sarà mai. Che ne sai te, gli disse sprezzante Leo, tu non hai mai assaggiato quella di mamma. Lei metteva sia le noci che le mandorle, io la inzuppavo nel latte con l’orzo, son sicuro che tu non hai mai assaggiato una cosa così buona. Allora oggi è il tuo compleanno?, gli disse il Carlo. Sì, sto aspettando mio fratello Gianni con la torta, poi andiamo a fare una passeggiata a 1600 metri. Ma te sei scemo, gli disse il Carlo, ma ti pare. Sta’ zitto Gianni, me l’hai promesso che mi portavi in montagna e mi portavi anche centomila lire, così stasera vado a cena con la Bibi, in quella trattoria che le piace tanto, dove suonano la chitarra, faccio strimpellare una canzone dolce, io mi inginocchio e le chiedo di sposarmi. Ce l’hai una foto della Bibi, chiese l’altro, sai che sono proprio curioso di vederla? Leo poggiò il bicchiere di latte, lo fissò, si guardò intorno furtivamente, osservò quel gruppetto che beveva il caffè: erano abbastanza lontani. Estrasse dalla tasca una foto ingiallita. Eccola, la mia Bibi. Una bella figliola, disse il Carlo, oggi passa a farti gli auguri? La Bibi è morta, rispose Leo. E di scatto si alzò.
Fuori pioveva e si era alzato anche il vento, la pioggia picchiava sulla finestra. Leo la osservava zitto, con il capo appoggiato allo schienale di una soffice poltrona di velluto. Il Carlo giocava a tressette con il signor Raul, ma guardava Leo con la coda dell’occhio. Uè Leo, te se dormì? Leo rispose con un filo di voce: no, aspetto mio fratello Gianni e la torta. Però non potete andarci mica, in montagna, va’ che tempaccio. Ci accompagna papà, rispose Leo, lui non ha paura di niente, figurati di un po’ di pioggia, anzi dice che pulisce l’aria ancora di più e che dopo bisogna trattenerla per un po’, l’aria che respiriamo, come quando vai giù sott’acqua. Che bravo tuo papà, rispose il signor Raul. Il signor Raul era il più vecchio di tutti, lì dentro, scarso a tressette, ma le parole e i momenti sapeva sceglierli. Gli avrebbe chiesto come si chiamava, il suo papà, ma si accorse che lo sguardo di Leo era assente. Per un po’ stettero in silenzio tutti e tre, solo la pioggia e il vento si sentirono in diritto di fare rumore.
Si erano fatte le sei di sera, Dafne bussò alla porta. Signor Leo, viene a cena? C’è una sorpresa per lei. Dopo qualche minuto Leo aprì e guardandola con una curiosa diffidenza, chiese: che sorpresa? Venga con me. Scesero a passo lento le scale, a braccetto. Arrivati nella sala grande, Dafne accese la luce. C’erano il Carlo, il signor Raul, le sciure con le loro tinte violacee e anche il Beppe e la Vanda, che insieme erano entrati e insieme – giurarono – sarebbero usciti. E tutti gli altri. Cantarono il buon compleanno a Leo, il signor Raul sussurrò al Carlo: e la candelina dov’è, ma ti sei rimbambito? Ossignùr, vado a prendere quella di ieri, dammi il bastone così vado più veloce. Dafne accarezzò la schiena di Leo. Gianni, gli disse, mi ha chiamato poco fa. Ha avuto un imprevisto e non può venire, ma ti manda la sbrisolona di mamma e… Dafne fulminò il Carlo che accendeva precipitosamente la candelina… e una candelina, come avevi chiesto. Soffia, su. Quel fragoroso applauso sembrò destare per un attimo Leo dal suo labirinto, finché non esclamò: e le mie centomila lire?!