Lo spaventapasseri
Strappami le mani
Riempi di paglia il mio corpo monco
E issami su un tronco di faggio
Ché della tua falce che
Miete il frumento dell’anima mia
Ho avuto un assaggio
e mi è bastato.
Ora non voglio più essere grano,
non frutto né fiore né ogni altra
esistenza che vive alla terra,
solo un fantoccio che senza emozioni
ha sventrate dai corvi le stoppie scarlatte
di sangue e budella e ride alla sorte
d’avere in eterno l’affetto di questi
piumati emissari di morte.
Almeno così il mio dolore
non sarà stato vano.
Mi avranno aperto il petto
Mi avranno smembrato
Ma con questo dolore
Io avrò salvato il grano.