Lo spettro delle acque

L’allegria sulle sponde della Garonna è nella musica delle biciclette; nel silenzio delle acque piatte, in un ragazzo che sorride di gratitudine. Lì la vita è semplice.
I fumi dell’inquietudine si dissipano nei fiumi. La nostra Ginestra diventa lì Violetta. Resistere diventa esistere.
Passeggiando fra le strade della “Ville rose”, un doloroso rammarico mi tramortisce “Avrebbe potuto essere”. Delle volte la riscoperta della semplicità è una dolorosa constatazione.
A Tolosa le persone sono gentili, il freddo è clemente ed anche la morte sembra toccare più che falciare. L’esistenza potrebbe non essere solo violenza. Lì si cammina senza bisogno di calpestare.
Guardo la Garonna dal Pont Saint-Pierre, penso che anche io potrei essere felice.
Ma a notte, un’amara verità emerge dalle acque. Una luce al neon proietta la sua legge nell’oscurità. Su un edificio sono impresse delle parole che si riflettono nell’acqua: “Going from nowhere, coming from nowhere”.
Le acque svelano l’inganno di quella città. Dietro il volto felice, velato dalla giostra che hanno costruito, si nasconde il nichilismo. L’immenso macchinario si edifica intorno al vuoto esistenziale. Tolosa è una grande maschera che nasconde il niente.
Le città si alimentano di emozioni più che di mattoni. I palazzi sono costruiti su sogni ed intenzioni, i caseggiati da paure ed incomprensioni. Tolosa è permeata dall’argilla della vacuità.
Mi sento più solo. Anche tu, Tolosa, sei traditrice. Mi hai accolto sulle tue sponde solo per risputarmi nel mondo. Mi hai adottato per abbandonarmi. Fuggivo dal nulla in cerca di qualcosa, sono finito nel nulla.
Guardo lo specchio d’acqua che riflette me e Tolosa. Il neon lampeggia la sua ossessione.
Guardo me, la città, il neon.
Quello spettro di luce è il mio.
La legge della città è la legge dello straniero.
Ad ogni luogo diamo ciò che siamo. A Tolosa ho dato il mio nulla.
Sono arrivato qui fuggendo dal vuoto che sento. Lo ritrovo nelle acque che vedo. Lì, nel letto della mia felicità, dorme l’abisso.
Sul Pont Saint-Pierre, sul Pont Vieux, sul ponte di Rialto. Nel Tamigi, nell’Arno, nella Senna. Nella notte senza fine di queste linfe, vedo me stesso e la scritta al neon.
Passano le biciclette, ma non le ascolto più. Sono i fiotti dei fiumi e dei mari che mi riempiono la testa. Mi sussurrano con la mia voce. Prendo il telefono e cerco un’altra città per prolungare la fuga. Una senza fiumi.
A che serve? Mi dipingerò nei quadri dei musei, mi raffigurerò nei Cristi delle chiese.
Lo poso, mi guardo ancora negli specchi delle città.
La luce al neon tremola sotto una raffica di vento, mi gelo e mi sento un po’ più vivo.
Le acque si placano, Orione fende in due il neon.
Stanotte non scapperò.