Moby Sick
Quelli che solcano il mare su navi e trafficano sulle grandi acque,
vedono le opere del Signore e le sue meraviglie negli abissi marini
(Salmo 107)
Tu che stai su riva o scogliera,
scrutando l’orizzonte dal faro
o dalla chiesa della Madonna dei Naufragi,
chiamato dalle sirene, indeciso se salpare;
preparati per la dura impresa che hai davanti.
Se hai l’ardire di cimentarti in un lungo viaggio
su pagine compatte come uno scrigno
composte come una bara
che attendono il coraggioso marinaio
lo scandagliatore dell’abisso
e dei figli più straordinari del creato;
se i tuoi occhi credono
di poter affrontare migliaia di segni
come conchiglie e denti di pescecane
e di oltrepassare parole come scogli
e periodi come marosi
alla ricerca di un tesoro promesso
ma sempre sfuggente;
allora arma lo scafo della tua anima
e sii pronto a notti senza riposo
e a stanchi pomeriggi
in cui la tua chiglia potrà volare
allegra come una rondine
su acque dorate dal sole,
o languire in mezzo all’oceano
ferma nella bonaccia
come in un presagio.
Prima di incominciare la fatica, lettore, stiva dunque libbre di tempo, sottratte alla vita felice con la donna o con l’uomo legati a te da fede o promessa. Essi rimarranno a terra in rassegnata attesa per lustri di incertezza e malinconia, fino al giorno in cui un volto diverso – come quello di Ulisse trasformato dalla dea – apparirà sulla soglia della vostra umile casa, che mai migliorerà il suo stato. Sarà un viso bruciato dal sole, frustato dal vento e macchiato dal sale e dal sangue di uomini e di pesci; avrà lo sguardo di chi ha veduto l’abisso, perdendovi l’anima.
Aggiungi sette barili di perseveranza, e una cassa di cera per resistere alle lusinghe; poi il senno di Orlando, se lo trovi, onde riparare il tuo se soccomberà nell’impari lotta contro il Grande Leviatano.
Non dimenticare, infine, di sincerarti che insieme al cordame e alla carne essiccata vi sia grande scorta di temperanza, perché forti saranno le tentazioni.
Se non desisterai invocando la rassicurante terraferma di un pigro porto esotico, incontrerai il marinaio che il destino vuole morto lontano dal petto della sua donna e dallo sguardo dolce di sua figlia; ascolterai le parole del fanciullo impazzito, conoscerai la solerzia dei fieri ufficiali; e fremerai di fronte al capitano dannato dall’orgoglio e ubriacato dalla vendetta, che traghetta il suo muto, cieco e devoto equipaggio all’inferno.
E quando verrà il momento supremo, che sia nella quiete prima che un vortice si apra nelle acque e cieche fauci si spalanchino per accogliere gli uomini, le loro presunzioni e i loro deicidi; o che sia nell’angosciante attesa della tempesta che avanza ineluttabile come il fato da Oriente, annunciata da dardi infuocati sul fondale nero del cielo – allora guarda a dritta e grida alle vedette sulle teste d’albero: «Chi sono quelle anime immobili, dagli occhi spalancati che sembrano accusarmi, e che ondeggiano sulle acque come relitti di un naufragio?». Trattieni la disperazione, quando conoscerai la risposta dentro di te.
Non stupirti, viaggiatore, quando chiuderai la pagina e scoprirai sui tuoi palmi il sangue seccato della balena gentile, nei polmoni l’odore salmastro del vasto oceano, nelle membra la fatica della remata controvento, e nel cuore i segni del coraggio e della miseria
di cui l’animo umano è capace.