Non mi pesava affatto
Una mela annurca, pane e marmellata di ciliegie, due carote e una borraccia piena d’acqua. La “borraccia” è di vetro. Ci mettevamo le passate di pomodoro.
L’acqua al sole diventerà un brodo, cazzo.
Prendi gli asciugamani, legaglieli intorno con gli elastici che conservi vicino al lavandino, così l’acqua rimarrà un po’ più fresca, forse.
Cos’altro?
Avrà bisogno di qualcos’altro che non avrà.
Domani sarai qui. E lui no.
Sarà chissà su quale camion insieme a quanti altri? Tanti altri.
Farà amicizia con qualcuno? Ma sì, è un chiacchierone.
Tu domani sarai qui e lui non ci sarà.
Lo saluterai con un abbraccio.
Con un abbraccio sentirai meglio il suo odore.
Cos’altro?
Vestiti.
Quante felpe? Farà freddo. Durante la marcia forse gli saranno d’impiccio. Qualcosa di caldo ma maneggevole, da poter legare in vita come faceva da bambino con la tuta della scuola durante le gite.
“Mamma tutti hanno comprato la pasta del pastificio. A me però l’ha comprata la maestra” E poi tre mesi per trovare i soldi di un pacco di pasta fatta a mano.
Grazie Maestra per aver sottratto un trauma alla vita di mio figlio.
Ora non ha più importanza, i bombardamenti rimpiccioliscono i tempi. Tranquillo, piccolo, tranquillo,
mamma diede i soldini alla maestra perché non avevi abbastanza tasche, ricordi? Se ne accorse eccome che il problema non fossero le tasche.
Maestra del cazzo.
Un abbraccio, e un bacio sulla guancia.
Non piangere, se riesci.
Quando lo guarderai in divisa.
Quando si infilerà l’elmetto.
Quando si volterà verso la porta e l’aprirà per andarsene impaurito come un cane. Nessuna lacrima, almeno questo.
Se la caverà. Ripetitelo: se la caverà e tornerà.
Vivo.
Da bambino giocava in cortile fino a sera tardi, quando non si vedeva più nulla, per non lasciare solo il figlio dei vicini.
Se la caverà, ripetitelo, se la caverà.
Quando fu promosso all’esame di guida la prima cosa che ti disse al telefono fu: “sai mamma ora ho un po’ paura. Sarò responsabile della vita di qualcuno.”
Se la caverà, ripetitelo.
Imparò a lavarsi le ascelle usando solo gli avambracci quando si ustionò entrambe le mani. Quanto lo affrancava che dovessi aspettarlo fino a sera tardi, tornato dal lavoro, per aiutarlo a pulirsi.
Non ti pesava affatto, vero? Non ti pesava?
No, non mi pesava.
Se la caverà. Punto.
Me lo stanno strappando. Me lo stanno strappando. Me lo stanno strappando. Il mio topolino me lo stanno strappando.
Pane e marmellata.
E quando finirà? Cosa mangerà?
Devi partire anche tu. Cosa ci farai qui domani?
Lo immagini imbracciare fucile? …
Ripeti che finirà presto. Finirà presto.
Lo immagini eseguire gli ordini dei superiori? Zitta
Ripeti che finirà presto. Finirà presto.
Lo immagini correre verso altri ragazzi come lui con l’obbiettivo di farli fuori? Sta’ zitta. Ripeti che la guerra finirà prima che lui raggiunga il fronte. Finirà presto. Ripeti che speri muoiano abbastanza persone prima di lui.
La storia delle vite che valgono più di altre, la speranza che le persone che ami rimangano intere, ché così, rimani intera pure tu.
Lui domani non ci sarà e tu sarai qui con la polvere, a diventare polvere. Non mi pesava affatto.
Un abbraccio, un bacio e una preghiera. Poi gli consegni il pacco con le vivande. Non farlo troppo ingombrante, diventerebbe un impiccio.
Questo lo chiami amore o abnegazione? Non mi pesava affatto
Una mela, pane e marmellata, 2 carote una bottiglia d’acqua riciclata e imbottita. Non gli sono mai piaciute le carote.
Bollite con olio e tre gocce di limone, solo così le mangiava. Le hai incastrate nel pacco per intere con ancora il ciuffetto d’erba attaccato. Porta freschezza, hai pensato. Un abbraccio e un bacio per il suo funerale. Zitta
Non dovrebbe essere così. Tu cosa hai fatto per meritarti viva?
Guarderesti la morte prenderselo davanti ai tuoi occhi piuttosto che accontentarti di un immaginario lieto fine. Zitta cazzo
Egoista del cazzo. Zitta
Una preghiera per il suo funerale.
Preghiamo per il suo funerale, e per te. Per il tuo inferno.
Preghiamo per te che hai sempre corrotto le storie.
Dovrebbe essere il tuo funerale, il tuo.
Non mi pesava affatto.
Mila annaffia i gerani in fiore. È primavera, ma questo non importa. Lo fa ogni mattina da quando suo figlio si è trasformato nei soli ricordi che ha di lui. Non ce ne si rende conto. Le persone e i ricordi di loro camminano mano nella mano, fin quando uno dei due si ferma costringendo l’altro a valere per due.
Col gelo invernale l’acqua scivolava sul terriccio brinato creando dei laghetti vorticosi e lei li fissava immobile. Una volta immaginò di ficcarci dentro l’unghia per scrostare il fondale di ghiaccio che impediva all’acqua di toccare per davvero la terra. Avrebbe tirato fuori il dito e se lo sarebbe asciugato passandolo sulla gonna prima di rientrare. Avrebbe abbassato le testa dando le spalle all’alba.