Ottava lettera – Il passaggio a nord-ovest: Sapere rizomatico e comunità comuniste indipendenti

Dagli anni cinquanta del secolo scorso in poi le cose sono cambiate sul pianeta Terra, almeno su questioni fondamentali come sviluppo della conoscenza, economia e stato sociale. Sembra strano ma il Capitale come forma storica di produzione e riproduzione della forma vivente, ha spinto molto sulla trasformazione globale di se stesso come entità sovranazionale e come governo del denaro come sistema universale. E non bisogna scordarlo attraverso due guerre mondiali e l’instaurazione di regimi autoritari. Il problema storico dunque era come evitare che lo stato sociale, le lotte dei popoli e del popolo per l’emancipazione civile e politica non sfociasse nell’abbattimento della borghesia, come nel passato la borghesia aveva ingaggiato una lotta micidiale contro l’Ancien Régime per affermare il suo potere come potere dello stato del denaro. Suo alleato massimo e indiscutibile la scienza che aveva permesso la standardizzazione della produzione, della produzione di armi di sterminio, di enorme sapere accumulato di cui si valeva a piene mani come cosciente canalizzazione di sviluppo di valore e denaro. Una enorme cumulazione di sapere tecnologico permise parallelamente una accumulazione di denaro senza precedenti. Ma mentre questo processo ‘molare’, era centralizzante di tutte le funzioni statuali, di diversa ed opposta composizione era e fu il movimento di molecolarizzazione dei saperi fin allora dominanti o esistenti. La marginalizzazione delle masse e delle sue culture significò diramare la produzione di senso su due piattaforme, quelle codificate e quelle non codificate, quelle a struttura ‘normalizzante’, e quella a struttura de-normalizzata e non sussunta come la cultura operaia, contadina e femminile. Questa specie di doppia elica dispose i saperi e la concentrazione di senso su derive opposte, un linguaggio di Ipercodice linguistico, semiotico, culturale ed un altro di decodifica del senso. Questo senso lo possiamo identificare come sapere rizomatico, che in qualche modo dovette procedere ad una ‘regimentazione’ non codificata e dispersiva, carsica per intenderci. Questo valse per l’Occidente e per le popolazioni non occidentali, per le civiltà che non rientravano nella standardizzazione del senso e del codice che divenne perciò univoco, mentre l’altro/gli altri assunsero la forma non univoca. Dunque cosa fare rispetto a movimento univoco molare, ed un altro non univoco e molecolare, in cui di fronte al centralizzarsi dello Stato si compiva un movimento opposto ovvero di decentralizzazioni delle culture umane? La comunità umana nei due sensi o si vide costretta, anche con la forza ad adeguarsi, o andava per opposizione e per forza ad essere una forza di conflitto e di autoorganizzazione nelle grandi metropoli come nelle grandi sterminate localizzazioni non urbane. Questo in sintesi. Ma anche in sintesi i non borghesi si auto organizzarono in comunità di genere e di specie per non soccombere. Un movimento di organizzazione comunitario fu la via imprescindibile per non soccombere. Ed in più in queste condizioni storiche metropolitane e statuali ed extraeuropee, fondamentalmente l’organizzazione comunitaria dette luogo ad un movimento teorico e pratico che prese il nome di ‘comunismo’. Al pari passo della distribuzione ineguale di ricchezza sul pianeta, ebbe luogo una distribuzione comunitaria di ricchezza in forma sociale, di saperi e pratiche in forma di comunicazione civile e politica che pensò sé stessa come necessario preambolo ad una rivoluzione sociale. Era una questione di sopravvivenza ma anche di naturale aggregazione dei saperi rizomatici intorno a teorie ormai mature di poteri popolari e non più legati a poteri delle classi del denaro. In poche parole furono i secoli delle rivoluzioni popolari. Ma fu solamente questo o non piuttosto la replicazione di uno stato di diritto fondamentale, quella del diritto alla proprietà privata e dello stato che la garantiva come ricchezza e sapere ad uso personale e quella di una proprietà, un uso collettivo delle risorse e delle conoscenze? In realtà questa duplicità di poteri e di saperi, preparavano una vera e propria rivoluzione politica e culturale che solo il genio di Karl Marx ed Antonio Gramsci seppero interpretare come cambiamento della forma dello stato. Quel passaggio in atto e necessario dalla forma dello stato-regime di accumulo del denaro e dei saperi ad uso personale a quello dello stato del denaro e dei saperi a uso non personale e collettivo. Parallelamente e per linee convergenti il diktat operaio e popolare dei soviet bolscevichi e l’indicazione comunitaria paolina (‘nessuno sarà estraneo nella città della comunicazione e della politica’) ponevano l’esergo alla trasformazione dello stato reale delle cose, alla sua forma politica e culturale. Allo stato attuale delle conoscenze e della produzione in forma di ricchezza sociale manca solo il suo personale politico, organizzato in stato maggiore della rivoluzione. Così come era stato per Oliver Cromwell e la sua rivoluzione borghese. Un nuovo Model Army, un partito della rivoluzione borghese. E in quale forma giuridica e politica nella età della distruzione/autoannientamento in un buco nero chiamato sovrapproduzione di Capitali che non possono essere impiegati nella produzione tante è grande il loro volume che il loro impiego distruggerebbe in un nano secondo il saggio di profitto? Nella sola forma politica e sociale possibile, l’uso collettivo planetario della ricchezza mondiale prodotta e dei saperi ormai di fatto costituenti la sola intelligenza possibile, l’Intelligenza generale, il comunismo delle comunità indipendenti e organizzate in produzione di senso collettivo.