Peace of mind
Dal silenzio tumefatto si dispiegano poche parole. Il rumore della strada e una melodia lieve costeggiano le ore della sera e nel languore, sotto gli occhi intorpiditi, le luci artificiali si infrangono, restituendo allo specchio un’immagine-detrito, la proiezione reale di un volto disumano. Il corpo si srotola, le braccia si contraggono, il viso si deforma in una smorfia e finge. Corpo senza radici, volto senza identità – lei lo riconoscerebbe. Un fiore reciso dal prato fertile del ventre materno. Prima era il torpore di una coperta, oggi il fragore attutito della vita che scalcia, si dimena, cerca qualcuno, forse me. Schivare i colpi, “Prova a prendermi!”, fuggire, difendersi. Occhi. La violentano. Parole. La plasmano, la riempiono, la annegano. Sometimes I fight myself… Voci. Al minuto tre della canzone la voce si spacca e anche il mio bicchiere, per un gesto inconsulto della mano destra, precipita, prima si accascia su di un lato, poi rotola giù. Inumidisce il tappeto, allaga la stanza, mi ipnotizza il fluire lento dell’acqua che si impossessa dello spazio. Touch my mouth with your hands, sillabo poche note con i piedi nudi immersi nell’acqua che crea torrenti tra le fughe e tra i cocci dispersi, che raccatto sul palmo disteso; riuniti in un pugno, li stringo per sentire il vetro che supera il confine tra esterno e interno, tra la pelle e quello che c’è sotto; con una forza tale da sentirmi trafiggere, non abbastanza da farmi male. That old me is left behind, immergo anche le ginocchia nella pozzanghera, con le dita che tentano di riconoscere la trasparenza del vetro, i polpastrelli sensibili agli spigoli; intingo le punte dei capelli, ciocche gocciolanti disegnano percorsi invisibili lungo la stanza dove trascino i miei passi incerti, dove mi sposto circospetta come se non fosse mia, come se non fossi io. La figura sbilenca nel riflesso scompare quando mi allontano; mi sembra di non esistere, “Prima o poi qualcuno lo scopre…”, ma un rivolo solitario di pianto mi solca il volto e mi ricorda che vivo. Si incastra tra le ciglia e con indolenza scivola, cola fino al mento, traccia una linea netta che cade e muore nell’incavo della clavicola. Please, come free my mind, la vita si spezza in un pianto e si disperde. Quando abbiamo smesso di amarci? Accarezza la sua pelle raggrinzita ed esangue, circoscrive le labbra sottili, inonda gli occhi socchiusi e ciechi, impregna le ciocche dei capelli annodati. La vita era un respiro trattenuto finché la porta non si chiudeva alle spalle del mostro, la vita è un respiro mozzato e proibito da quando lei ha varcato la soglia. Please, come meet my mind. La voce si affievolisce, l’acqua si ritira, il pianto si asciuga. Sola.
What a joy it is to be alive
To get another chance
Everyday is another chance
To get it right this time