Terza lettera filosofica ad un giovane ammiratore: L’Aristotele ritrovato

L’ essere che non è il Nulla. La forma e le radici molecolari della forma.

L’essere per sé non è esattamente il nulla. Il fatto che ci sia una presenza, costruita o meno, di enti anche se impermanenti, ci dice che la loro ‘estetica’, il loro farsi vedere, il loro annuncio di essere nel contesto di un qualunque altro, rappresenta non solo gli enti e il loro essente quanto piuttosto il principio evidente di numerosi significati e segni che definiscono il Luogo. Il Luogo ci indica che l’esso è esattamente una filosofia meta/fisica del senso. Il fine dell’etimologia, secondo Isidoro di Siviglia, è questo: indicare la forma di un assunto non solo il suo significato.
Il suo fascino – l’esserci di una presenza- è ciò che significa la sua forma. La cura del Luogo e della Forma, che sono le qualità di una presenza, è la cura che riguarda la filosofia pratica dell’avvenire. Il prendersi cura di ogni cosa.
Ma della mente/natura pochi ne parlano, caro amico. Tu che t’immergi con tanta fiducia nel gran mar dell’essere, sappi che non c’é nessuna “simulazione” più grande dell’essere la natura di qual cosa. Spinoza provò a porre una prima distinzione volendo onorare una parte della sinossi biblica anch’essa rimossa, dispersa nelle diatribe insensate del suo tempo. Ma non ebbe né il tempo né l’ardire di simulare ciò che i cartografi stavano già formulando come Novum theatrum orbis terrarum: la rappresentazione mentale della visione delle cose, ciò che invece Aristotele e la sua scuola di geografia e poi il sommo vostro Vico posero a questione e poi Galileo e Keplero risolsero trattando dell’ottica. Se tu guardi dalle sponde di un lago t’accorgi di un paesaggio che tratteggia i bordi di una insostanzialità essendo il tutto un fenomeno che si estende cartograficamente secondo dei disegni quantometrici, dei segni che si muovono di colore in colore. Ebbene essi colori e disegni non sono nient’altro che la forma che assumono le quantum sfere fortemente ionizzate. Considera infine che queste simulazioni apparentemente stabili, sono in realtà il linguaggio della mente/natura. Chiamiamo dunque cartografia semantica la scienza che studia il modo di rappresentarsi di questo fenomeno particolare della mente/natura: i suoi segni come se fossero le illustrazioni del mondo
Se poi guardi più intorno, tu vedi il d’intorno, l’appressamento che la natura fa tra se e la boundary, il limitrofo ciò che Leopardi e Hume chiamavano l’appo e gli antichi italici l’apud delle cose, avverbialmente inteso come la distanza tra due luoghi. Anche Vico accenna a questa misura chiamandola voluptas naturalis come sei il paesaggio partecipasse ad un incontro ‘causativo’. Questo lo verificherai in quel manifesto all’ approccio-apprendimento o apprensione che il luminoso Derrida fa all’opera di Husserl in “L’ origine della geometria” e in “La disseminazione”. Michel Serres e ancor prima Archimede definiscono le interazioni tra presenza e/o assenza di una cosa. La dinamica dunque non è altro che la ragione asimmetrica di un evento che disegna questo boundary language continuamente, il linguaggio dei confini; il linguaggio segnico di questi appressamenti come fa l’albero col suolo, l’abitato e il costruito, il paesaggio e le inclinazioni collinari o l’aratura e il bordo delle terre arate.
Nell’universo infinito è quasi sempre lo stesso, dove questi luoghi vuoti sono in realtà interazioni di onda costanti o variabili. L’unità dello spazio tempo è data dalla differenza tra zero e l’intorno di zero. Il luogo di confine più prossimo alla zero, è anche questo – dal punto di vista della epistemologia semantica del vuoto – il luogo più prossimo della insignificanza. Esso stesso “confine”. Nella microfisica quantistica viene descritta questa fase di oscillazione come effetto di risonanza (quantità dell’ordine di λ=ℏ/p, dove il momento p è pari all’impulso scambiato nell’interazione).
Questa topologia dei luoghi è il nostro abitare il mondo cosi poeticamente come lo è l’anima con il corpo. Ora se tu guarderai la sintesi di questo ragionamento capirai cosa sia nella filosofia della mente lo sguardo panoramico ma soprattutto comprenderai che formalmente il vivente e di conseguenza l’umano è solo coscienza di questi fenomeni, essa coscienza, forma della mente/natura singolare, analitica della mente natura generale che riflette, elabora e riconnette con un apparato di una complessità spaventosa quasi in tempo reale queste informazioni e le dispone simbolicamente in un’area di permutazione linguistica. Dunque la mente/natura e il suo linguaggio sono la semeiotica linguistica di questa doppia interpretazione, dei dati e dei fenomeni e della interpretazione quantum/coscienziale, immateriale, di tali fenomeni.