tReMa: ritorno all’orrore celato

Ritorno a Hanging Rock è il primo recente volume di una collana visionaria e audace, tReMa (ed. Arcoiris), curata da Emanuela Cocco. La “letteratura nera, raccapricciante, fantastica, inquietante, fantasmatica” è la dimensione indagata e narrata da tReMa che, tuttavia, non è una gabbia di genere, un limite settoriale, bensì un’apertura e una ricognizione nell’alterità, tematica e stilistica: “le scritture che ne faranno parte utilizzeranno le configurazioni proprie della letteratura di genere, non per delimitare la storia ma per consentirle di espandersi”. Il territorio dell’espansione è il bordo della realtà, necessario per oltrepassare il margine arbitrario fissato dalle rassicuranti e fittizie categorie logiche e per liquefare l’inconsistente divisione categoriale della scrittura. tReMa tenta di frantumare la separazione sclerotica tra letteratura “alta” e letteratura di genere e, simultaneamente, di scardinare l’approccio rigido e schematico al reale. Narrazione e evento si fondono alla ricerca di una nuova alchimia interpretativa. Il fantastico, l’orrorifico, il conturbante non vivono in una dimensione astratta, parallela e sterilizzata, bensì sono mescolati alla realtà data, si annidano nelle pieghe del consueto, infettano l’ordinario o, forse, ne sono l’origine e la determinazione.
Il primo volume della collana, Ritorno a Hanging Rock, è un omaggio programmatico al famigerato film di Peter Weir del 1975, opera a sua volta tratta dal romanzo nero della scrittrice australiana Joan Lindsay (1967). Il giorno di San Valentino del 1900 un gruppo di studentesse e due insegnanti di un prestigioso college australiano si recano in gita presso le montagne di Hanging Rock, qui la professoressa di matematica e tre studentesse scompaiono misteriosamente negli anfratti rocciosi e soltanto una riapparirà in stato di shock e di assoluta amnesia, lasciando irrisolute le terribili scomparse. Questo primo volume si coagula proprio intorno al tema della sparizione (gli altri tre annunciati si ispireranno ad altrettanti film e relative parole chiave: Incubi-Mulholland Drive; Case infestate-Shining; Necrocultura-Vertigo).
Come nel film di Weir, anche qui l’orrore appare da una faglia della realtà quotidiana, è uno squarcio imprevisto che risucchia gli eventi come un buco nero, senza tuttavia avere le sembianze dell’abnorme, del fantasmatico, dell’inverosimile: realtà tangibile e anomalie disarticolanti coincidono, si nutrono dello stesso spazio-tempo e delle stesse vite umane. La logica razionale appare soltanto come uno schermo difensivo, incapace di vedere le mostruosità che si celano silenziose nella trama dei fatti fino a quando non si manifestano generando l’implosione del già noto. Il male non è banale è ancor più semplicemente ontologico e solo la paura dell’uomo lo relega nella dimensione dell’inconsueto e dell’eccezionalità. È necessario esiliare l’orrore in una dimensione di alterità assoluta, fuori dal corso naturale delle cose, per poterlo tollerare, poiché percepirlo intrinseco all’esistenza destabilizzerebbe la vita stessa. Nei tredici racconti di Ritorno a Hanging Rock non appaiono quasi mai i topoi della letteratura horror (esseri alieni, mostri sanguinari, fantasmi o sadici maniaci) bensì ci sono personaggi o eventi ordinari che slittano progressivamente verso l’inaudito; l’inquietudine è contenuta nello straniamento improvviso della realtà.

In La naturale legge del vuoto, di Lucrezia Pei e Ornella Soncini, Alice perde la sua identità di adolescente per trasformarsi in “altro”; in Conservazione della specie, di Lucia Ghirotti, invece uno strambo e innocuo uomo viene massacrato dalla ferocia dei “normali” e continua un agghiacciante monologo post mortem; Fabio Massimo Franceschelli, in Ipotesi V, narra della sparizione in un portone romano, in un giorno qualunque, di una ragazza bellissima, che riapparirà a perpetuare una soffocante eco di morte. L’Alzheimer, la perdita di sé e degli affetti in Sparire di Vins Gallico, calano Ritorno a Hanging Rock ulteriormente nella narrazione del male quotidiano, poiché “non importa quando, ma a un certo punto la realtà ci sovrasta. (…) Perché poi irrimediabile, arriva la scure”. La prosa conturbante di Sergio Gilles Lacavalla, in Memory Hotel, riporta due delle protagoniste del film a incontrarsi anni dopo, in un amplesso di amore e morte che declina la sparizione assoluta. Durante un’estate qualsiasi dei ragazzini visitano ostinatamente una villa maledetta, con le conseguenze raccapriccianti che Christian di Furia narra in C’è uno squarcio nella recinzione lungo la via che taglia il frutteto. Storie di inabissamenti solari e umani ne L’eclissi di Silvia Tebaldi e di sparizioni cruente nella prosa lisergica di Pierluca D’Antuono in La sparizione di Alessio Mosca. Il lessico esatto di Claudio Kulesko, in Scivolare, racconta come dentro all’apparente catena della casualità dell’esistenza “si diramano evidenti deviazioni”, per cui la logica viene scardinata dall’epifania del mistero. In Charlotte sulla scogliera di Domenico Caringella si assiste all’annientamento volontario di una misteriosa voce narrante, come in Una volta io sono scomparso di Sara Mazzini si legge una enigmatica messaggistica di un folle a una destinataria scomparsa, e “si cerca in mezzo al tempo come se il tempo fosse qualcosa che è in grado di togliere di mezzo le persone”. Di tema più classico ma dallo stile sperimentale gli ultimi due racconti: L’ultimo orco di Matteo Macchia, favola nera e onirica, e Il Decapitato 2 dell’argentino Ariel Lupino, tradotto magistralmente da Francesco Verde, in cui uno scrittore decollato vive partorendo ancora storie e proselitismo, metafora messianica della condizione degli artisti decapitati della contemporaneità.
Il registro stilistico della raccolta è poliedrico e avanguardistico e spinge il linguaggio narrativo ai margini, sondando possibilità ancora inespresse della forma racconto. Le illustrazioni bellissime, che intavolano un dialogo serrato con le parole, sono di Cristiano Barricelli e di Sergio Caruso, la suggestiva copertina di Claudia D’Angelo. L’introduzione al progetto è della direttrice della collana Emanuela Cocco e la dettagliata introduzione di Franco Pezzini.