Il richiamo
Può darsi sia lo stare e non può essere
il metro giusto di questa distanza,
ma è ancora il solo che esiste
e resiste al languore di evadere,
violare il protocollo di fine estate.
Può darsi sia lo stare e non può essere
il metro giusto di questa distanza,
ma è ancora il solo che esiste
e resiste al languore di evadere,
violare il protocollo di fine estate.
Quando il buio mi mangia il cuore
E la saturazione m’irrigidisce
E mi arma la mano…
I racconti della nonna mi insegnarono
come ammansire l’orco dell’inverno
lasciandomi annerire dalle fiamme.
Era freddo quel giorno a trattener le nuvole
Sulla prossimità della nostra solitudine,
Erano impalpabili i tuoi silenzi di quei giorni
Di vento nero.
Diventeranno vita i colori scrostati
Di questo fragile tempo?
Fu una delle ore più rare.
Sono isola fitta, aperta tutt’intorno.
Vento spira lieve lieve
dietro mura di primavera
e ogni navicella
dal mar quieto scappa.
Nessun senso alla serenità di questi giorni
che nulla hanno da offrire
se non un cielo color Venezia
che mi scivola dentro:
sono ora pieno ed omogeneo
come le statue,
non posso oppormi.
Siamo come piante che crescono
tanto all’esterno quanto nel ventre
della terra
e il nostro io si radica
e sedimenta
in silenzio e al buio.
Forse invecchierò e non l’avrei detto.
Ma quanto rumore ancora in cerca di silenzio!
Sulle vetrine proibite del centro
anche lì dove dicono che sono affari i malanni
le maschere le epidemie e solo affari
anche lì dove ignorano le pietre grigie…
Una busta in aria frustata dal vento,
scappano i gatti spaventati
dagli occhi dei mostri d’acciaio,
soffuse luci di lampioni
intiepidiscono il freddo dell’oscurità,
l’ululare di cani
lontani.