Devachan

Immagini eteree, figure sfuggenti.
Dove siamo? Chi c’è? Chi sta passando qui, vicino a me?
Il Devachan non è altrove. Secondo le filosofie orientali, riprese poi dalle correnti di pensiero di impostazione occulta sorte in Europa ed in America tra il XIX e XX secolo, un’anima tra un’incarnazione e l’altra passa attraverso il Devachan. Ma, nello stesso tempo, non va altrove, in un altro luogo. Semplicemente perché non esistono altri luoghi. Esisterebbero solo dimensioni che tra loro si attraversano e si compenetrano. I vari mondi sarebbero quindi sovrapposti gli uni agli altri dai più grossolani, partendo da quello fisico, fino a quelli più sottili ed evoluti, di puro spirito.
Il Devachan è quel mondo, quella dimensione, dove si ritrova e si muove un’anima temporaneamente disincarnata. Il corpo fisico è restituito alle forze della Natura, i corpi sottili che lo vivificavano si riuniscono alle forze Universali e all’anima resta solo ciò che ha ottenuto con il “Lavoro” fatto, ossia, ciò che le ha permesso, nel corso delle varie incarnazioni, di accrescere la propria coscienza e di sviluppare organi e capacità spirituali. Secondo Rudolf Steiner, così come i colori sono negati al cieco, colui che nel transito terreno non sviluppa tali capacità, non vedrà nulla nel Devachan; inoltre, non sarà in grado di accrescere la propria coscienza oltre il livello raggiunto durante l’incarnazione.
Forse a noi del Devachan non è dato sapere nulla con certezza, almeno per il momento. Ma nella sua rappresentazione possiamo leggere come un’allegoria.
Può sembrare, a volerla riportare nel nostro quotidiano concreto, quasi la rappresentazione di certi periodi molto particolari della nostra vita; periodi talvolta brevi, talvolta decisamente più lunghi, periodi che più facilmente viviamo nella nostra dimensione di singoli individui, ma che a volte ci coinvolgono in maniera collettiva, interessando l’intera società, fino a coinvolgere intere nazioni. Sono quei momenti in cui la nostra esistenza è come sospesa, tra un prima, che aveva la sua normalità e che non c’è più, e un dopo, che ancora non compare all’orizzonte e del quale non sappiamo con certezza come si presenterà; anche qui, siamo ricchi solo di ciò che siamo riusciti a costruire prima, o di cui abbiamo almeno posto le basi, e che costituirà la struttura portante del nostro futuro.
Periodi che quando poi finalmente finiscono – continuando l’analogia – ci vedono rinascere nella fase successiva spesso cambiati.
Anche questo, forse, è Devachan.

La galleria di fotografie omonima è disponibile a questo link.