Ipocondria
Non v’è goccia,
Per quanto bollente,
Che lavi
Questo mio corpo
Di un blu
Che non vuol andar via.
Non v’è goccia,
Per quanto bollente,
Che lavi
Questo mio corpo
Di un blu
Che non vuol andar via.
Ansimava per loro il dubbio
d’affidarsi i gesti più segreti.
A lui confidare ha potuto
gli occhi da gettarsi segreti.
La scorsa notte ho fatto un sogno:
mio padre cercava di virilizzarmi.
Ricordo ancora l’istante in cui si è accorto della mia carne;
lo sguardo atroce, inquieto.
Può darsi sia lo stare e non può essere
il metro giusto di questa distanza,
ma è ancora il solo che esiste
e resiste al languore di evadere,
violare il protocollo di fine estate.
Quando il buio mi mangia il cuore
E la saturazione m’irrigidisce
E mi arma la mano…
I racconti della nonna mi insegnarono
come ammansire l’orco dell’inverno
lasciandomi annerire dalle fiamme.
Era freddo quel giorno a trattener le nuvole
Sulla prossimità della nostra solitudine,
Erano impalpabili i tuoi silenzi di quei giorni
Di vento nero.
Diventeranno vita i colori scrostati
Di questo fragile tempo?
Fu una delle ore più rare.
Sono isola fitta, aperta tutt’intorno.
Vento spira lieve lieve
dietro mura di primavera
e ogni navicella
dal mar quieto scappa.
Nessun senso alla serenità di questi giorni
che nulla hanno da offrire
se non un cielo color Venezia
che mi scivola dentro:
sono ora pieno ed omogeneo
come le statue,
non posso oppormi.
Siamo come piante che crescono
tanto all’esterno quanto nel ventre
della terra
e il nostro io si radica
e sedimenta
in silenzio e al buio.