Due giri di vite. Il doppio spettacolo ispirato a “The Turn of the Screw” di Henry James

Il double bill che è andato in scena in ottobre al teatro Ivo Chiesa di Genova, in collaborazione con l’ente Teatro Carlo Felice della cui stagione ha segnato l’inaugurazione, è stato non solo uno spettacolo nel complesso convincente, ma una dimostrazione non voluta, e per questo più persuasiva, delle difficoltà che presenta la trasposizione scenica di un testo non concepito per il mezzo teatrale; nello specifico, della peculiare impossibilità di rendere The Turn of the Screw per il tramite di una drammaturgia convenzionale.
La prima parte dello spettacolo è consistita infatti in una versione della novella (1898) di Henry James, operata da Carlo Sciaccaluga e messa in scena da Davide Livermore con contenuto espressionismo e ritegno insolito nel regista, seguita immediatamente dall’opera che dalla novella trassero Benjamin Britten e la sua librettista Mifanwy Piper, andata in scena a Venezia nel 1954. L’idea è brillante e tanto più in quanto scene e regia – quest‘ultima attesi gli indispensabili adattamenti – rimangono le stesse per l‘uno e per l‘altro allestimento.
Questa giustapposizione ha espresso con evidenza abbagliante come la prosa di James, vero paradigma di modernità nel suo proliferare di punti di vista per mezzo di una sintassi tanto duttile da farsi a momenti sfuggente, al punto che la voce unica del narratore sembra voler fare contrappunto a se stessa, una volta disciolta nell’inevitabile paratassi della scrittura teatrale perda evidenza drammatica e psicologica anziché acquistarla; l’ambiguità non meno indefinibile che tangibile della storia di James si dissolve, nella distribuzione di ruoli, in un’evidenza a momenti addirittura volgare, anche senza voler far caso al rilievo prevedibilmente conferito ai sottotesti sessuali della vicenda. La riduzione di Sciaccaluga, che è comunque abile e avvincente, non può infatti che banalizzare una dialettica che nel testo di James risulta tutta contenuta nella sola voce della narratrice protagonista, voce che progressivamente diviene infestata, posseduta e torta nella sua sintassi, quasi a volersi separare da sé. Si aggiunga che il pudore un po’ intellettualistico (così ci è parso) nel non voler presentare il Giro di vite come una “semplice” storia di fantasmi, ha detratto molto all’efficacia di quella che è una delle più spaventose storie di fantasmi dall’epoca del romanzo gotico.
Venti minuti d’intervallo, e la medesima macchina scenica viene riempita dalla musica di Britten. La conclusione che dal confronto si trae è così ovvia da esitare a scriverla: la musica del compositore inglese (poche altre volte così sottile, per un’orchestra ridotta, ricca di percussioni, e informata in modo personalissimo dalla serialità e dalla ritmica e timbrica bartokiane) restituisce e amplifica alla vicenda e ai personaggi di James, i quali cantano quasi esclusivamente le parole della novella, tutti quei tratti sovrasegmentali che non solo la trasposizione appena vista, ma qualunque altra avrebbe loro tolto. Servirebbe qui un’analisi della partitura battuta per battuta, sinottica con il testo. Ci limiteremo a osservare la sottigliezza rivelatrice con cui Britten, verso il finire dell’opera, armonizza la scena della scrittura della lettera da parte dell’istitutrice: evadendo per un minuto dalle ispide armonie novecentesche; del resto, Britten scrive un corale grosso modo, a quattro voci, a esprimere con quella marca di riuso l’afflato in fondo mistico della relazione in absentia della protagonista con il tutore di Miles e Flora, al cui precetto la donna si abbandona.


IL GIRO DI VITE

dal racconto di Henry James, adattamento di Carlo Sciaccaluga

Istitutrice Linda Gennari
Mrs Grose Gaia Aprea
Peter Quint Aleph Viola
Miss Jessel Virginia Campolucci
Miles  Luigi Bignone
Flora Ludovica Iannetti
Il Prologo Davide Livermore
Regia Davide Livermore

assistente Mercedes Martini

Scene Manuel Zuriaga
Costumi Mariana Fracasso
Luci Antonio Castro
Musiche Giua
Disegno sonoro Edoardo Ambrosio
THE TURN OF THE SCREW
di Benjamin Britten, libretto di Myfanwy Piper
Quint Valentino Buzza
The Governess Karen Gardeazabal
Miles Oliver Barlow
Flora Lucy Barlow
Mrs Grose Polly Leech
Miss Jessel Marianna Mappa
Direttore Riccardo Minasi
Regia Davide Livermore
Scene  Manuel Zuriaga
Costumi Mariana Fracasso
Luci Nadia Garcia, Antonio Castro
Orchestra e Tecnici dell’Opera Carlo Felice