Sesta lettera: ‘Esperienza e storia come infanzia della storia e della sua realizzazione nell’umano’

Ma la cosa fondamentale del pensiero filosofico contemporaneo è come rendere comprensibile e leggibile il momento angolare di questo mondo al punto raggiunto: a) di sviluppo delle forze collettive di lavoro; b) di sviluppo della conoscenza generale; c) dell’economia e della circolazione del denaro, in particolare la sua velocità di realizzazione in quanto Capitale. Tutto il resto, caro amico, credimi è secondario, intendendo con questo che se non comprendiamo il contesto in cui la modernità vive, è commettere un atto di ingenuità folle. Ce lo possiamo permettere? Non credo, non credo proprio. Allevati in un miscuglio di sentimenti vacui, fatti di semplicità ‘sentimentali’, noi non esercitiamo più, o le esercitiamo male, le funzioni del ragionamento. Che è il punto fondamentale in cui l’umanità e la filosofia ritrovano il passaggio a nord ovest. Forzosamente Platone e in particolare Aristotele, riportano il pensiero nel suo luogo originale, il ragionare logicamente sulla complessità e sul particolare, sul generale e sul particolare, sul punto e sulla linea, su ogni particolare di questa complessità, entro cui l’anima umana si ritrova, come corpo di relazione, a fare i conti con se stesso e con gli altri. Già, ma cosa sia il sé stesso e cosa sia l’altro, è tutto da definire, argomento non così ovvio ne così facile da dirimere; non ostante che nell’ultimo secolo ci si sia obiettivamente avviati su un sentiero affascinante e per certi aspetti nuovo. In particolare Levinas ha dedicato molto del suo tempo alla definizione di questo insieme di valori: il sé stesso e l’altro. Ma prima dovremo considerare il problema del limite e dei confini che in qualche modo ne definiscono il luogo, il topos del pensiero come mente che ci permettere di riconoscerne la forma: il pensiero come forma e la forma come realizzazione di un pensiero, la loro estetica per farla breve, è esattamente il linguaggio che ci permette di decifrare l’enigma del cosa sia ‘il se stesso’ e cosa sia ‘l’altro’.
Per un lungo tempo ci si è intrattenuti a definire la cosa in sé e la cosa per l’altro, intendendo così la restrizione della monade o il campo, il contesto in cui una monade, una singolarità non lo è più, e diventa mondo universale e sistema complesso. La scienza, in particolare la chimica e la fisica quantistica hanno definito questa intracomunicazione tra individuo è ‘societas’, interferenza. Che è esattamente la legge generale della comunicazione tra un individuo e la societas di appartenenza. Nell’essere umano questa complessità di individuo noi la definiamo ‘comunità’, il luogo di esperienze in cui le singolarità diventano ‘societas’. Il linguaggio e la comunicazione sono gli strumenti o meglio la forma sintattica di questo essere per l’altro. Il sé stesso e il sé stesso per l’altro, definisce questo contesto in cui la complessità del vivente si costruisce come comunità e nel caso umano come comunità politica. Con le sue simmetrie e le sue asimmetrie logiche e politiche. Senza la comunità politica, senza la società di accesso all’altro, ne l’individuo ne l’individuo rivolto all’altro possono costruire il mondo come insieme, come cumulo di esperienza e storia. Tutto il modo di percepire la realtà costruisce questo mondo della comunicazione animale e poi umana, come esperienza e storia. Senza di questo modo di percepire il suo dentro e il suo fuori, l’uomo non avrebbe nessuna possibilità di creare il suo habitat: come il baco di seta, lui si fa esperienza per essere storia. Tutti i fenomeni umani sono fenomeni interumani, tutte le relazioni corporee sono per questo relazioni ‘erotiche’ in senso generale e in senso specifico. In questo senso ogni corpo è corpo di passione. Anche il corpo del Cristo paradossalmente lo era, ma dirlo sarebbe stato uno scandalo, per questo il corpo e la relazione erotica con l’altro, è stato nel tempo rimosso. E adesso si è aggiunto il Moloch della non comunicazione, dell’odio e della perfidia. Il campo dell’etica diventa il campo della coscienza criminale. E non è stato un vantaggio, anzi, costituisce la più grande efferatezza della non modernità, la cui radice criminale abita questi luoghi che io definisco ‘antropologia del rimosso e dell’osceno’ e che fa dell’umano il non umano. Anche la stessa cumulazione di ricchezza, il modo e la forma di capitalizzare l’esperienza diventa storia, ed in particolare circolazione del denaro nella sfera della produzione e del consumo. Questo surplus che diventa Capitale, può in altra facies, diventare comunità generale organizzata, se le forze di produzione collettiva in qualche modo e politicamente si definiranno come limite e sovranità organizzata della coscienza generale. Ma a guardar bene questa cumulazione di sapere, di conoscenza e sviluppo collettivo delle forze di produzione saranno per forza di cose la nostra liberazione. Ma bisogna definire cosa sia per l’uomo la sua infanzia e la sua storia e a disvelarlo saranno, profeticamente, le stesse forze collettive di produzione, quando diventeranno il governo politico per eccellenza, in cui tutte le differenze saranno la sua ragione, la sua pluralità politica realizzata. Una specie di Gerusalemme celeste, soltanto che sarà in terra. Il sogno capovolto in cui si riverserà definitivamente l’Infanzia e la sua storia, l’Innocenza e la sapienza dell’umano.