Alerce
Infingarda esistenza
trafitta dall’abulia,
respiro indolente
d’impassibile alerce.
Elevarsi di rami,
l’altura non è alterigia;
è la ricerca d’una migliore
visuale sulla vita.
Segui l’eco di un passo
sulla riva rimasta,
sull’algente risacca
evanescente…
Può darsi sia lo stare e non può essere
il metro giusto di questa distanza,
ma è ancora il solo che esiste
e resiste al languore di evadere,
violare il protocollo di fine estate.
A nulla servono le rêveries notturne,
se non a destare la brama fremente
di transitare per luoghi mai esistiti…
Sotto strati di roccia e lava,
dove il suono non riverbera e non c’è diversità,
nuoterai insolente
per risalire le parenti della crosta vulcanica…
Questa sera sono preoccupata.
Per Nulla, che ancora deve avvenire
Il cui fiato sento costantemente
Tra la nuca e la dolorante spalla.
Siamo come piante che crescono
tanto all’esterno quanto nel ventre
della terra
e il nostro io si radica
e sedimenta
in silenzio e al buio.