Bellaria

Bellaria è un posto magico. Il verde, qui, vince su tutto. Quattro curve lunghe che tagliano il punto dove la natura ha vinto la sua battaglia contro la grande città.
In auto, restiamo in silenzio. Alla radio c’è Goldrake. È proprio la sigla dei cartoni animati, solo che la canta Alessio Caraturo, un cantautore napoletano. La sua voce è aggraziata e la Bravo bianca di papà per poco non sembra che voli sulla vallata enorme che circonda questo ponte. Quando l’auto si ferma di botto, io non volo più. Papà spegne la radio proprio mentre Caraturo canta: “La razza umana non morirà”.
«Papà?»
Sembra Mike Bongiorno quando tira fuori, non so da dove, un’enorme busta gialla dalla forma quadrata. Ci sono timbri e intestazioni. Mi ricordano quelle che ho già visto nelle convocazioni arrivate dall’ufficio del preside. Da quella busta enorme, però, non esce nessuna comunicazione. Escono fuori, come meduse, due radiografie.
«Li vedi questi?»
«Sono due polmoni», dico con una saccenza enorme. Mi prenderei a schiaffi da solo.
«Sono i polmoni di tuo nonno.» Mi passa le lastre, poi ripete: «Sono i polmoni di tuo nonno».
Guardo controluce quelle due sacche, le lastre vibrano tra le mani e suonano come le onde del mare. C’è un piccolo punto trasparente all’estrema sinistra del polmone destro, dove dentro ci passa tutta la luce che arriva dall’esterno. Il resto dei polmoni ha il colore del ghiaccio.
Nonno Gennaro è morto di tumore a 62 anni. Papà lo ha perso che ne aveva poco più di trenta. Io ne avevo cinque.
«Questo punto trasparente è il tumo–»
«È l’unica parte sana,» dice papà «tutto il resto è il tumore»
La radio ci ascolta, tant’è che si è accesa da sola. Caraturo continua a cantare e nessuno di noi due ha il coraggio di fermarlo.
Ho compiuto diciott’anni da un giorno. La sera prima, davanti a mio padre, ho acceso una sigaretta durante la mia festa di compleanno. Un gesto di sfida.
“Sapevo già che fumavi,” riprende papà, “ma visto che per te sembra una cosa seria, io te le dovevo far vedere queste lastre. Lo capisci, vero?”
Non dico niente, ma gli restituisco quelle proiezioni come se scottassero, poi faccio uno scudo e guardo fuori dal finestrino. Ora c’era solo Bellaria e il suo mistero. È così con mio padre. Se lui prova a uscire allo scoperto con me, io chiudo tutto. Se provo io, chiude lui. Siamo dei veri campioni nel trovare i momenti inopportuni.
Quando papà ferma la Bravo sotto casa, in radio passa la pubblicità di un disco-pub. Io scendo senza salutare, poi mi accendo una sigaretta.

***

Quarant’anni dopo sono di nuovo qui, in mezzo al verde di Bellaria. Giuseppe si chiama come papà, ma ha due anni in più rispetto ai miei quando ho avuto lo stesso tipo di conversazione tra me e suo nonno. Stavolta, però, le lastre sono le mie.
«Sai che tuo nonno» gli dico «mi ha fatto lo stesso giochetto, quando m’ha visto fumare la prima volta.»
«E perché non hai smesso?»
«Oh, l’ho fatto. Per quasi dieci anni.»
«E poi?»
«Poi è arrivata tua madre. E tua sorella. E tu.»
Non smettiamo di ridere. Ma il punto è un altro e non ci arrivo, come non ci è arrivato quella volta mio padre, che è morto da un anno coi polmoni a posto ma col colesterolo alto.

«Io non ti dico di smettere, ti dico di non vivere come ho vissuto io.»
«…»
«Non vivere come un condannato a morte.»

Ecco il punto. L’ho trovato con una frase ad effetto. Figlio, non vivere con la paura di avere un finale già scritto. Fuma, se vuoi. Ho capito il privilegio di stare nel mondo degli orfani con un ritardo enorme. Essere orfani vuol dire essere liberi. E ora ti rendo un uomo libero, ma tu prova a capirlo da solo; da questo sorriso.

Mi lancio che c’è una folata di vento contro, come se anche la natura avesse gridato insieme a mio figlio. La gravità fa il resto. Colpisco rametti, arbusti, sbatto su un tronco e vedo la faccia pallida di papà, le due meduse che ballano, i polmoni di mio nonno uguali ai miei. Atterro di schiena e ho il tempo di sentirmi aperto come una finestra, con l’aria che mi passa attraverso. Ho fregato il tumore. Spero di non aver fregato anche mio figlio, ma va così. Sono un campione nel trovare i momenti inopportuni. Bellaria resta un posto magico. Il verde, qui, vince su tutto.