Dall’incomunicabilità all’espressione divina: il debutto del Teatro Patologico a Napoli

Il 23 e il 24 settembre al teatro Trianon Viviani di Napoli è andata in scena la prima mondiale de La Commedia Divina (riadattamento e reinterpretazione della Divina Commedia di Dante Alighieri) della compagnia stabile di Roma, il Teatro Patologico di Dario D’Ambrosi, composta da attori diversamente abili psichici e fisici. Dario D’Ambrosi ha ideato e fondato l’Associazione del Teatro Patologico nel 1992
ed ha creato una Scuola di Formazione Teatrale per ragazzi diversamente abili. Nel 2016 ha fondato il primo corso universitario al mondo di Teatro Integrato dell’Emozione presso l’Università degli Studi Tor Vergata di Roma interamente rivolto a persone con disabilità psichica e fisica. Il testo che segue è una riflessione sul valore sociale di questa esperienza teatrale e sulla necessità di tutelarla e sostenerla.


Lo stupore è come l’immaginazione per Adorno: è esatto.
Massimo Canevacci, Stupore indigeno.

Le parole sono importanti. Le parole sono importanti. Le parole sono importanti. Lo ripetiamo spesso. E poi tante parole non sgorgano, inquinano. Non dialogano, minano le fondamenta.
Quando ci si trova davanti qualcosa di puro, bisogna provare a lavarle le parole, detergerle filamento dopo filamento, lettera dopo lettera, accento dopo accento, per sperare di essere acqua e non benzina. Bisogna indagare il textus, il tessuto, di ciò di cui si sta parlando, sentirne l’odore, toccarne la consistenza.
Il teatro è un’arte. L’arte è teatro. E l’arte è radice quando il mondo è cesoia.
Il 23 e il 24 settembre al teatro Trianon Viviani di Napoli è andata in scena la prima mondiale de La Commedia Divina, riadattamento e reinterpretazione della Divina Commedia di Dante Alighieri della compagnia stabile di Roma, il Teatro Patologico di Dario D’Ambrosi, composta da attori diversamente abili psichici e fisici.
Il Teatro Patologico è espressione ed espressività, emozione e purezza in una società di vergogna e censura di ogni imperfezione possibile.
Solo che a forza di censurare ed esibire, fra poco della purezza ci dimenticheremo tutti.
Invece no. Quando si è spettatori de La Commedia Divina (e quindi parte integrante dello spettacolo) non ci si dimentica di ogni parola scandita in modo preciso e fiero. Di ogni sguardo degli attori, vagante e centrato. Non ci si dimentica della loro candida imprevedibilità, nutrimento del teatro. Non ci si dimentica che la gioia ha un solo volto, ed è quasi sempre riconoscibile. Non ci si dimentica che matto sei tu e matto sono io, quando l’amore lascia spazio all’incuria. Non ci si dimentica che la fiducia arriva dove il giudizio non potrà mai arrivare. Si vuol essere contaminati da quella magia, senza mai contaminarla, nemmeno per un attimo.
Ci si dimentica della pressione sociale, delle prestazioni soffocanti, dei doveri vuoti, della fretta inutile.
Ci si ricorda dei diritti perduti o mai avuti. E di quelli da proteggere ogni giorno, come la chiusura degli ospedali psichiatrici dopo la legge Basaglia del 1978.
Si smette di essere presuntuosi, saccenti e abulici, almeno per la durata dello spettacolo.
Perché si accetta di poter essere Altro.
Perché si disvela la difficoltà di essere senza difese, e la bellezza di essere senza difese.
Viene restituita a tutti la Dignità Umana.
Si viene a conoscenza di quanto un essere umano, Dario D’Ambrosi, con i suoi collaboratori e con grandissime difficoltà e pochissimi fondi riesca a cambiare il destino di almeno sessanta esseri umani, di sessanta famiglie.
Ci si ricorda di quanto anche una noce nel sacco può far rumore, se solo lo vuole. Anzi non rumore, musica. E teatro. E se accade, accade un miracolo.
Così ci si domanda, se non fosse solo, cosa potrebbe arrivare a fare? Quanti miracoli al giorno?
Dario D’Ambrosi ha fondato il primo corso universitario al mondo di Teatro Integrato dell’Emozione presso l’Università degli Studi Tor Vergata di Roma interamente rivolto a persone con disabilità psichica e fisica.
In sala, al Trianon, il 23 settembre, manca la direttrice del teatro, manca il sindaco, le istituzioni sono poco presenti.
Lo Stato è davvero Stato se si dimentica di mettere tutti i suoi figli in condizioni di poter vivere al meglio la propria vita?
In prima fila c’è Domenico Iannacone, immenso giornalista, sempre in prima linea quando si tratta di cogliere, raccogliere e rigenerare doni, recentemente maltrattato e silenziato dalla Rai.
Verso la fine dello spettacolo, attori e spettatori percorrono insieme la strada verso il palco. Una spettatrice sul palco è emozionata, prova a incontrare lo sguardo dell’attore al suo fianco e non ci riesce subito. Gli stringe la mano, sperando possa essergli comunque di conforto. Ma è ancora emozionata. C’è tanta gente. Distoglie per un attimo lo sguardo da lui e dal pubblico. Poi, di nuovo, si volta. L’attore gli fa un sorriso smagliante.
Il miracolo è avvenuto.
Come canta Simone Cristicchi, “Sorprenditi di nuovo perché Antonio sa volare”.
Forse il dovere di ogni essere umano è non smettere di tener aperto un ombrello, gli occhi e il cuore per gli altri e per sé, ogni volta che la vita diventa una gabbia e una gabbia diventa la vita. Forse, la vita è questa cosa qui.
Il resto potrebbe essere inutile addizione.
Sì, D’Ambrosi, forse “basterà un ombrello quando il mondo piange”. Per raccogliere ogni singola lacrima, baciarla, lavorarla ogni giorno come fosse argilla, finché non diventa sorriso. Per ascoltare ogni singolo grido, abbracciarlo, finché non diventa comprensione, dialogo, Cura.
Sosteniamo il Teatro Patologico in ogni modo possibile, attori che hanno bisogno del teatro per comunicare. Esseri Umani che hanno bisogno del teatro per vivere al meglio.