Orlo, margini

Ho provato a guardare la curva prossima al vuoto, l’orlo circolare dell’abisso. Vi ho scorto l’impossibile ultimo, il taciuto.
Ho riempito lo spazio vano strappandomi le pupille, per offrire il limite estremo ad orbite cave. Per ingannarmi di sanare il male universale l’ho fatto.
“Un conto è se capita, come con te. Un conto è andarselo a cercare”.
Spegnermi in torpido respiro di macchina non è bastato. Quanta morte darmi per tentare la tua salvezza – ed ancóra i nostri intendimenti non si toccano?
A troppo ho fatto abitudine per conservarmi simile ai miei simili. Come spiegare che quella pelle era segreto avvolgimento caldo dei miei affanni, di nessuno? Impenetrabile è questo tutto alieno.
Vedo il velo di voce non mossa, una volta di più integro da squarci. È in verità caduto nel cerchio di tenebra? O è il rifiuto di dare i teneri organi in alimento?
Marchiati di infamia sui margini o rinnegati, attendevano la mia parola contraria. Non la avranno.