Pensieri in rete

E così sono finiti Instagram, Tik Tok e pure Clubhouse.
Ho appena ricevuto l’apposito set di cavi: me li ficco nelle narici, il feed scivola nel sangue e va dritto nel cervello, in stereo. Filo blu per le vene e filo rosso per le arterie, come negli atlanti di anatomia d’una volta; narice destra emisfero sinistro, narice sinistra emisfero destro. Più nessun bisogno di lussare il pollice dal metacarpo; alcun consumo di pezzi di polpastrello a scrollare scarti di neuroni di chi ci circonda virtualmente; a pezzi il patibolo dove sedeva finora il benessere delle poche vertebre del collo; basta rischi di produrre nel tempo una smartface, la faccia intelligente da smartphone: il doppiomento, quello che abbiamo tutti, la testa inclinata che porta la pelle a cedere, cadere, slabbrarsi, allungarsi, collosa, adiposa, fastidiosa – allo specchio, ma anche e soprattutto in foto.
Basta.
Peccato che ora le foto non se le faccia più nessuno, è inutile se non si possono condividere: nessun bisogno di stendere il braccio, piegare il polso, cercare l’angolo giusto, di tre quarti, dall’alto. Ora è la limpidezza del pensiero che va coltivata, plasmata, annusata. La bellezza del ragionamento. Meditazione is the new filtro contro le imperfezioni della pelle, la buccia d’arancia, l’acne, il grosso neo, il pelo – che odio il pelo – morte al pelo! E finiti anche i problemi di voce fessa, di voce grossa, stridula, di campagna, campagna veneta, inflessione di montagna, cantilena romagnola, arroganza da burino romano. Il suono peculiare del terrone.
Il pensiero non ha dizione.
Meditazione, ambrosia degli dei; e poi molto esercizio quotidiano per rilassarsi, le scale al pianoforte, gli arpeggi, l’orecchio assoluto m’aiuta, gli scioglilingua recitati in testa, l’assenza d’errori in ipotesi e tesi, certificazione di piena appartenenza alla mia era e alla mia cerchia. Nel giardin del sor Andrea, sor Simon coton cogliea. Si, Do diesis, Re diesis, Mi, Fa diesis, Sol diesis, La diesis, Si. Nel giardin del sor Simon, sor Andrea cogliea coton. Si, Re diesis, Fa diesis; Re diesis, Fa diesis, Si; Fa diesis, Si, Re diesis; Si, Re diesis, Fa diesis.
Tartina al miele. Tazza di latte. Biscotti no ché fan tossire, ché poi alla tosse ci penso e infine tutto rimbomba nel cervello di chi mi ascolta.
Smanaccio i cavi nelle narici: una goccia di sangue, odore di ruggine. Parte il feed di Pensieri.
Cammino. La voce di Cristina non è più da tamarra, il suono del suo cervello è limpido, la voce è quella d’una Siri contemporanea: posso perfino personalizzarla. Ricordo le sue foto in costume da bagno l’estate, le smagliature celate, e poi davanti al caminetto l’inverno, tisane, grosso nodo alla camicia in primavera, una pancia imperfetta. Ora invece il feed ci presenta solo verità e intime riflessioni.
Via la erre di Marghera – che non si può sentire – non riesco neppure a ricordarmela eppure Cristina l’aveva; che importa la breve descrizione della sua giornata, che importa il numero d’orgasmi che le procura Claudio ogni settimana, statistica ormai a disposizione di tutti, lei ci pensa e lui anche, e io timido stacco la spina del naso e penso ai pensieri suoi, bit dopo bit, irritazione, insoddisfazione: è triste Cristina, era più allegra in bikini. Di certo qui è più vera. Non le serve nemmeno pronunciare più “Ramarro tamarro” davanti allo specchio, ra ru ro re, re ro ru ra, eppure il gorgheggio rimane in sottofondo, come qualcosa che non vuole uscire dalla sua testa, come qualcosa che inonda la mia.
Se mi riconnetto parto subito da dove mi ero fermato, non ci sono pause nel feed. Ora il mio cervello convive con le riflessioni di Mauro: è strano sentire questi pensieri pelosi e abbronzati sussurrati dalla stessa voce artificiale che mi inoculava quelli di Cristina: sento e vedo ogni villo come fosse pronunciato da quella bocca immacolata, la lingua da esperto esploratore d’organi sessuali femminili a battere sul palato la cadenza del discorso.
Mauro ogni tanto pensa alla politica ma poco importa, poco m’importa conoscere dove andrà la sua preferenza, è l’incanto del ragionamento ad ammaliarmi come un ebbro sorcio ad Hamelin. Nel social il segreto del voto non esiste più.
Anche Laura mi convince: poco si sapeva di lei e a nulla ci servivano le sue immagini a metà volto, i lunghi capelli castani a coprire difetti mai svelati al popolo della rete. Laura ora pensa direttamente nel social come una massaia al mercato, i convenevoli certo ma subito a marcare il punto, il suo cervello elabora le cose come stanno, commenta l’incommentabile e lo presenta come verità incontestata e peer reviewed.
È il tono a convincere, quella risata non voluta, spontanea, solo immaginata, l’equivalente di un grassetto, d’un sottolineato in un testo scritto: pensa le cose come dovrebbero essere chiare a tutti.
Giuliano è in pensione ma squilla come un ragazzino mentre passa in rassegna i risultati domenicali del suo sport preferito: nel mio cervello ora si diffonde una telecronaca d’altri tempi, una nostalgia che riesce a commuovere anche le Laure più ciniche. Ad ascoltarlo sembra che lo sport sia tornato alla bellezza di un tempo, la sua squadra è in bianco e nero, è priva del glamour dei miliardi, non c’è nome dei giocatori sulla schiena. Piove sul campo, erba e fango, muscoli di gioventù: su questo si concentra Giuliano, la fatica dell’atleta, la sofferenza: la stanchezza di riflessioni che presto svaniranno.
Nel feed niente più foto di bambini: nella mia mente i figli diventano descrizioni meditate e idealizzate, ricevo incensurati i primi pensieri dei genitori svegliati presto al mattino. Ormai tengo il social quasi sempre acceso, le narici gonfie e reattive: mi sveglio anche io insieme a mamme e papà, per solidarietà, spinto giù dal letto da crucci e ansie insostenibili. Leonardo, otto anni, pare che sappia la poesia di Natale a memoria ma che la stessa non sia poi così letteraria: ogni giorno ho il piacere non di sentire il testo in sé ma quel che ne pensa la madre. Il mio giudizio è viziato dal suo.
Gli auguri delle feste sono migliorati: non più buon Natale, auguri a tutti, a tutti un augurio di un buon Natale, tanti auguri a te e famiglia – ora gli spinotti mi passano il silenzio, l’assenza di veri pensieri di solidarietà nei miei confronti, così come nei confronti di tutti gli altri. Il Natale sul social è il giorno più silenzioso dell’anno.
A me non viene in mente nulla di più che la lista della spesa per il cenone, ed eccola lì, subito ripresa dal feed, a disposizione di tutti i neuroni collegati ai miei. Passo così il ventiquattro dicembre e anche il venticinque, assaporando i commenti degli altri alla mia cucina e anche la critica alla perfetta esecuzione della poesiola di Leonardo, corretto una sola volta dalla madre, ignorato dal padre sempre sul social a pensare le cose degli altri, infine il gu gu gu felice e natalizio della sorellina Sofia, precocemente connessa al social. Una specie di oh oh oh targato Coca Cola.
Cristina pronuncia dentro di sé un Eterno Riposo, unica preghiera del giorno nella bolla, arriva improvviso al cervello di tutti: pare sia morto Giuliano. Molti i commenti spontanei, qualcuno riesce perfino a pensare a una “faccina triste” e subito il feed mi ripete piano, nell’orecchio, come un sussurro: “faccina triste”.
Le stagioni ormai passano così. Il naso fa male. Dovrò operarmi. Mi propongono un innesto direttamente sulla testa, permanente, non bello da vedere, ma l’alternativa è amputare il setto. Mi decido in fretta: la primavera la passo a medicare il cranio perforato.
D’estate sto già bene, ora le gambe sdraiate con libro a fianco dei tempi che furono diventano la semplice lettura d’aforismi d’ogni sorta commercial letteraria. La più brava a leggere è Laura, il suo canale sembra un audiolibro perenne, quasi privo di intermezzi o di interferenze, la concentrazione è molto elevata. Quando mi sintonizzo su Mauro scopro che d’estate pensa meno: il suo attivismo di una volta mi fa capire che aveva di più da mostrare di quanto adesso abbia ora da riflettere. Però è sempre coerente, me lo immagino anche lui con i cavi piantati in testa, come fossero microfoni direzionali, a studiare i movimenti cerebrali delle sue possibili prede.
Oggi cammino sul lungomare, è mattino presto, c’è un bel sole pallido accanto a me e non ho mal di testa. Mi fanno compagnia i cervelli di tutti i miei contatti, è un flusso continuo, fluido anche se irregolare. È davvero il social definitivo. Risolve il più grande dei miei problemi: quello di dover altrimenti avere sempre, ogni momento, in ogni circostanza, qualcosa a cui pensare.