Carteggio Rea-Rega per un film da Napoli Ferrovia

In questi giorni è sugli schermi “Caracas”, il film che Marco D’Amore, che ne è regista e interprete insieme a Toni Servillo, ha tratto dal romanzo di Ermanno Rea, “Napoli Ferrovia”. Il libro uscì nel 2007. A distanza di qualche anno io e il regista Franco Jannuzzi tentammo di trarne già un lungometraggio, tentativo purtroppo non andato in porto. La cosa interessante è che allora, su questa ipotesi, potemmo confrontarci con l’autore stesso. Io e Jannuzzi avevamo ricavato un soggetto, un trattamento e abbozzato un inizio di sceneggiatura. Credo che Rea abbia visionato solo soggetto e trattamento che hanno viaggiato per mail e per posta cartacea tra Napoli e Roma, dove lo scrittore viveva, pur continuando a parlare della sua città. Ci incontrammo anche a Roma, a casa sua, dove parlammo a voce di quel progetto. Qui riporto due mail che ci scambiammo allora, le uniche due che ho ritrovato relative al “film” tra le varie che ci siamo scambiati per i pochi anni che precedettero la sua morte, avvenuta nel 2016. Nella mia mail faccio riferimento a una precedente lettera di Rea, che esprimeva un primo giudizio sul materiale che gli avevamo spedito, ma che non ho ritrovato (forse era in cartaceo). Ciò che è interessante è vedere in che termini Rea pensasse a un possibile film tratto dal suo libro (e, per ciò che ci riguarda personalmente, anche del nostro trattamento). Ecco quindi questo breve scambio Rega-Rea: il cognome originario di Rea era “Rega”, ma un suo antenato che si chiamava Vincenzo Rega lo aveva mutato (lo scrittore vi accenna in un libro).

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15/9/2010 17:29

Carissimo Rea,
ci ha fatto molto piacere sapere che secondo lei questa ipotesi di film vada nella direzione giusta. Condividiamo la proposta di attualizzare la storia di Rosa la Rosa1 per arrivare a un doppio addio, drammaturgicamente senza dubbio più forte. Pensavamo già di dare più rilievo alla storia d’amore in fase di sceneggiatura: comunque ora la riallineeremo, per la sua parte finale, con la storia degli incontri e delle conversazioni di Caracas e di Ermanno (che chiameremo diversamente).2
Il trattamento è stato scritto nella dimensione del ricordo: il racconto parte dalla fine e prosegue con le associazioni che la memoria crea nel passato per tornare circolarmente alla scena iniziale. Bisognerà vedere come in fase di sceneggiatura sottolineare quest’aspetto. La questione del “pessimismo” ci aveva fatto discutere. È vero che Napoli Ferrovia ha una visione più buia rispetto alle speranze “bassoliniane” di Mistero napoletano, ma anche nell’ultimo romanzo c’è una prospettiva di rinascita, di resurrezione proprio attraverso il meticciamento, l’accoglienza della linfa che arriva da altre terre. Per questo, come nel romanzo, abbiamo lasciato nel trattamento la scena della Duchesca verso la fine. C’è sì uno “spaesamento” – tra l’altro lì facciamo perdere di vista Caracas ma c’è anche il segno di una forte vitalità (vitalismo) che viene fuori dal brodo primordiale delle cento e più etnie…
Le manderemo il trattamento rivisto, sia in cartaceo che in allegato mail.

Enzo Rega

25/10/2010 17:48

Caro Rega, la ringrazio di avermi spedito il soggetto (si chiama così?) del film che avete in mente di realizzare da «Napoli Ferrovia». Mi chiedo però se si tratta di un progetto dotato di qualche concretezza oppure se state lavorando completamente al buio. In questo caso non pensate che sia meglio cercare preliminarmente un produttore o finanziatore che dir si voglia? Quanto alla vostra sintesi, va più o meno bene. Anche se si tratta di un racconto difficile da tradurre in immagini, il cui sviluppo si affida troppo al commento, alla chiosa scritta piuttosto che a una forte dinamica «visiva». Il nodo può tuttavia essere risolto con un accorgimento che mi è venuto in mente proprio leggendo il vostro testo. Il film potrebbe partire, come del resto voi avete immaginato, dalla rappresentazione del protagonista che scrive una lettera. Si è appena dimesso dall’importante incarico ricoperto e racconta a qualcuno cui è molto legato (moglie? amico?) la storia del suo ultimo trapianto napoletano e del suo fallimento. «Ricordo come fosse ieri il giorno del mio ritorno a Napoli in pianta stabile, il mio insediamento nella stanza d’albergo che mi era stata assegnata, la splendida vista del golfo dal mio balcone al sesto piano…» A farla breve la lettura della lettera scandisce l’incipit del film, tutta la parte iniziale dell’esperienza di Ettore che è tornato a vivere a Napoli armato di grandi propositi. «Caro Amedeo, non ti ho mai raccontato sinora come conobbi Caracas. Forse perché non me lo hai mai chiesto. Le cose andarono così…» A partire da questo punto la lettera comincia a sciogliersi completamente nel racconto diretto degli avvenimenti.
Quanto a Rosa La Rosa, Ettore deve conoscerla personalmente. La storia di Caracas con lei deve costituire anzi uno dei nodi centrali del film. Ettore finisce per innamorarsene a sua volta, ma in un senso affatto particolare, in maniera riflessa, per effetto di immedesimazione con Caracas. Quando infatti quest’ultimo racconta a Ettore la famosa scena del coltello e di Rosa priva di sensi Ettore si mostra a sua volta disperato. Infine un ultimo suggerimento: l’intero film deve svolgersi durante le proteste per le vie di Napoli a causa dei cumuli di rifiuti. Occorre mostrare Napoli che brucia.
A me questa pare una buona traccia. Tuttavia, prima di dedicarvi tempo e fatica, cercate di capire se ne vale la pena, se il tema ha presa su qualche produttore dotato di adeguate fonti finanziarie. In attesa di vostre notizie vi mando un caro saluto

Ermanno Rea


1 Nel film Caracas Rosa La Rosa, che è italiana nel libro, diventa un’immigrata, Yasmina.
2 Nel nostro soggetto avevamo trasformato il nome Ettore, come compare nel romanzo, in Ermanno identificando più nettamente il protagonista con l’autore. Nel film è diventato Giordano Fonte.