La scrittura è sempre “postuma”. Un libro magmatico di Michele Ranieri

Ripubblichiamo questa recensione a Dell’intempestivo 1, un libro di Michele Ranieri, studioso serio e appartato vissuto ad Ottaviano dove insegnava filosofia e storia nel locale liceo, uscita originariamente in “Culture e territori”, I, ottobre 2021. Si conserva qui lo stesso titolo di allora, titolo che appare profetico ora che Michele è appena scomparso lasciandoci la sua scrittura (e il suo ricordo). Era appena stato pubblicato nel novembre 2023 il suo secondo e ultimo libro, davvero quasi “postumo” e che postumo andrà nelle mani dei lettori, intitolato “Tra il kairos e la grazia. Transiti, sconfinamenti”.


L’intempestivo è ciò che è fuori tempo – giunto troppo presto o troppo tardi – e per questo anche fuori luogo, pertanto sconveniente. Questa feconda inattualità caratterizza il prezioso libro di Michele Ranieri, suo esordio in volume che però è la summa di un lunghissimo, personale e riservato leggere e annotare. “Inattuale” per la profondità di pensiero e l’eleganza della scrittura, il libro è diviso in tre parti: la prima, Vita risorta, vita postuma, si muove tra letture di carattere teologico affrontate col distacco del laico ma con la passione dello studioso intellettualmente e umanamente coinvolto dal suo oggetto di analisi. Il confronto con le Scritture e con la bibliografia specifica si apre in un ventaglio di riferimenti che riguardano però letteratura e filosofia di ogni latitudine e tempo, compresi il mondo greco e i suoi classici, che diventano protagonisti nella seconda sezione, L’incongruo, l’intempestivo, l’inatteso, mentre più privata appare la terza e ultima sezione, Il rimedio, il veleno, nel senso che Michele rinuncia in parte alla sapiente e coltissima tessitura dei riferimenti, per darsi in prima persona alla pagina e al lettore.
Il piacere della scrittura in sé sembra spiegare perché un non credente (o almeno non tale in senso ortodosso) possa immergersi nelle complesse dispute teologiche – cristiane, pagane – che riguardano un qualcosa, dio, il divino, che può benissimo essere puro flatus voci. Lo confermano alcuni aforismi (aforismatica è la struttura). Così, l’aforisma XII della prima sezione: «Le cose fondamentali di ogni religione sono parole. Che hanno poi altre parole che le designano. Come fare parole con parole non è il problema del letterato, ma la prassi solutiva che mette in atto ogni fede. […] Se ogni altra costruzione linguistica è finalizzata a dare significato a ciò che eccede la lingua, il discorso religioso sembra avere come unico oggetto sé stesso: un oggetto linguistico. Le cose che nomina sono creature del linguaggio, puramente. Nel cristianesimo poi tutto questo diventa dottrina. La sostanza verbale di Dio (il logos giovanneo) rende possibile la nominazione dell’essere, questa estasi del verbo stesso. La carne di Cristo è prima di tutto uno scandalo fatico» (p. 38). Il che viene ribadito dall’aforisma XXVI: «Ho conosciuto stilisti sommi tra coloro che hanno consacrato la loro vita allo studio del divino. Me ne dà la conferma uno che fa parte del gruppo: “In altri termini, in teologia, per cimentarsi in teologia, non ci sarà bisogno di altra giustificazione che non sia quella dell’estremo piacere di scrivere”» (p. 66). Il componente del gruppo a cui si fa riferimento è Jean-Luc Marion e il libro da cui è tolta la citazione è Dio senza essere.
Così, il puro piacere di scriver(n)e può sembrare la molla di una questione, precedentemente affrontata, concernente la possibilità – all’interno della trinità – che il Padre a sua volta senta il dolore patito dal Figlio nella carne. Nell’indecibilità assoluta della questione stessa solo il meccanismo del pensiero e il piacere della sua trascrizione sembrano giustificare il voler porre il problema. E il piacere di chi scrive diventa anche il piacere di chi legge, seppure estraneo a un ambito squisitamente teologico, ma che diventa logico. Il pensare stesso di Ranieri sembra messo in moto dall’atto dello scrivere nel movimento della mano che trasforma in grafemi sulla pagina i fonemi muti della mente: a meno che non sia appunto il contrario, e la scrittura, la parola generino il movimento del pensiero. È la sempiterna questione del rapporto tra pensiero e linguaggio. E di riflessioni sul linguaggio è tramato tutto il libro. Per rimanere nell’ambito teologico della prima sezione, nell’aforisma XXXI (p. 79), introdotto da un esergo di Paul Celan («L’ondeggiante parola la possiede il buio»), si riporta il “paragone meraviglioso” che sant’Agostino nel De civitate Dei, stabilisce tra la differenza che intercorre tra il pensiero e il suono della voce che tenta di esprimerlo e quella tra la natura invisibile di Dio e la forma assunta nelle cose corporee (sulla corporeità, e la carnalità di Cristo stesso, ci sono nel libro pagine stupende che non possiamo ripercorrere). Ma, in altro contesto, con il Leibniz dei Nuovi saggi sull’intelletto umano, viene precisato che le idee astratte hanno bisogno di qualcosa di concreto: e qui intercorre una triangolazione che al di là del pensiero e del linguaggio ci riconduce alle cose; un “ritorno alle cose” in altre pagine esemplificato attraverso il platonico mito della caverna: dopo l’avvicinamento alla luce delle idee lo schiavo liberato ritorna nella caverna.
La scrittura, a sua volta, è una delle forme della vita postuma, è il sedimento che rimane anche dopo. Una scrittura, in questo libro, aforismatica. E leggiamo nella terza sezione: «L’aforisma, la scrittura aforismatica, è residuale quasi per definizione. Chi la pratica ha a che fare con i resti, tanto della vita, quanto del pensiero che non riesce a pensarla. La sua concisione è in realtà ciò che rimane della presa d’atto di questa scissura. Una brevità ingannevole, quasi disperata» (p. 192). Disperata come i tagli sulla tela di Fontana, sui quali pure abbiamo in questo libro splendidi passaggi, e che sono come squarci su una luce intravista oltre il linguaggio, attraverso le smaglianti smagliature della scrittura.

1 Michele Ranieri, Dell’intempestivo. Appunti e note sul ritardo, lo scarto, il postumo, Disvelare Edizioni, Casamarciano (Napoli) 2021, pp. 208