Proemio
Vi sono pomeriggi adombrati da un senso di vergogna, tragico ed aurorale, da una serica malinconia che in maniere meschine incastella la mia slavata figura, la sovrasta con gli stessi incubi di sempre, la rende vittima dei suoi stessi bisogni.
È in quegli stessi momenti che mi torni in mente e il tuo silenzio contribuisce affinché tutto assuma i connotati di un grande racconto fiabesco ma atroce.
In esso tu sei un pescatore di perle, eccessivamente malinconico anche per i tuoi gusti, che fai della missione la redenzione stessa.
Certo di essere troppo compromesso per avere una luce, la ricerchi nei fondali armato di reti, filate con perizia e talento dal tuo dissenso.
Mi scovi sul fondo, mirabile, ma è solo l’ombra che sa bene come scivolarmi addosso.
Mi pensi come una Ligea dimenticata dall’epica ma come reagirai nello scoprire che il mio cuore è solo un nautilo umido, dagli interni bramosi e appassionati?
Ho provato ogni cosa per poter restare tenue e mite, anche rendere alla morte la sua bellezza: l’ho ricoperta di merletti e parole suadenti, ho romanticizzato il suo avvenire, giustificato la sua alessitimia e negligenza.
È stata il centro di ogni mio miraggio, di tutto ciò che ho scritto, ma essa rimane sempre truce e gli animali, gli insetti tutti, possono sentirne l’odore e infestarmi perché ho importunato la loro dimora.
Continuerai nella tua ricerca nonostante questo? Bacerai ancora il mio corpo fino a farne riaffiorare la ragione?
In caso contrario lascerò che la tua delusione mi sanguini addosso, come una punizione, e farò del mio pianto colpevole un amuleto che possa guarirti e ridarti fede.
Oppure dovrei seguirti, cercare con te il riverbero tra i sargassi e le attinie viperine; trovarlo e nutrirmi di quel corrusco esistere di ente immutabile che tutto muta.
Sì, dovrei inghiottirlo, lasciare che mi ingolfi, che dall’interno mi faccia tribolare, spingendo il mio dolore al parossismo fino a squalificarmi completamente.
Consumare questo corpo abbozzato ma che conserva tutte le tracce che la mente oscura e diventare immanente nudità ialina, in assenza di concupiscenza: come vorrei essere, come vorrei mi ricordassi quando non ci sarò più.
Sarebbe questa, invece, la mia redenzione.